martedì 11 agosto 2009

Nausea

Ho la nausea. Non passa.
Resto seduta sul letto, scomposta, come se fossi in bilico su uno strapiombo. Non era così che volevo che fosse. Ora è troppo tardi. Non si torna indietro.
Il passato è lì a ricordarmi da dove vengo, privo d’indicazioni su dove andare. Impantanata in sabbie mobili di frasi inutili, sfrondo a morsi il presente scomodo.
Non sento più nulla. Solo l’eco dei miei pensieri macinati fini dai sensi di colpa che si propaga in tutta la testa.
Ho il voltastomaco. Non passa.
Vorrei espellere dal mio ventre i giudizi superficiali di chi pensa di sapere chi sono. Io, donna bulldozer. Regina di cuori, di un regno anestetizzato. Rabbia sedata.
Per tre gocce amare in un bicchier d’acqua l’umore sfugge alla morte.
E sogno un amore a mollo nel caffelatte come una Macina del Mulino Bianco e tetti in tegole rosse. Il letto non mi basta più e spazio oltre le mura spagnole. Osservo il viso della Vergine di Antonello da Messina e piango.
Ho il vomito. Non passa.
Il rollio dell’insolenza mi fa venire il mal di mare. Come una partita a tennis, dritto, rovescio, schiacciata, l’avversario risponde con una palla tagliata. Match point. Basta un colpo per farla finita. Troppo facile, vincere o perdere la vita così. Non è nel mio stile. Io mi nutro come una gatta randagia sotto il tavolo di un ristorante di pesce a Porto Santo Stefano. In attesa di un poco di ciccia attaccata alla lisca alzo la coda e mi struscio contro la gamba della sedia. Corvino di indole l’uomo mi sfama.
Ho lo stomaco sottosopra. Non passa.

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