giovedì 21 aprile 2011

Bastava una sola parola per evitare che il sole si spegnesse

Battle of Bosworth by Philip James de Loutherbourg


Bastava una sola parola per evitare che il sole si spegnesse; bastava un gesto, semplice come un sorriso. Forse tanto semplice da diventare irraggiungibile, quel sorriso; tanto semplice da trasformarsi in smorfia di dolore.

Io ho affrontato la battaglia completamente disarmata, perché non ho mai saputo cosa fosse in realtà la guerra. La mia pelle nuda esposta a un mondo estraneo e un cielo senza sole, i miei unici ricordi.

Semplice per me, che vivo la lealtà come un credo; ma non per te, forse, che sei il mio opposto.

Ma io questo non l’ho capito in tempo e non ho saputo fare altro che spingerti verso un lago di non detto. Ti ho annegato, in quel lago, con le stesse mani con cui ti ho accarezzato. Ti ho sommerso di lacrime e di sangue finché non respiravi più.

E mentre vedevo la tua vita scivolare via, osservavo il cielo grigio riflettersi sull’acqua. Bastava una sola parola per evitare che il sole si spegnesse.

mercoledì 13 aprile 2011

il racconto L’ULTIMA CORSA di Donatella D’Angelo, in libreria!




"L'ultima corsa", un mio racconto,

Lo trovate a pag. 61 del libro

"DI CORSA ATTORNO AL MONDO"

di STEFANO MEDICI

(ed. ZonaContemporanea)

in libreria anche a MIlano dal 18 aprile 2011



vi anticipo l'incipit ...

L’ULTIMA CORSA di Donatella D’Angelo

«Ti asciughi le gocce di sudore sulla fronte con la manica della felpa. In realtà vorresti cancellare i pensieri che si affollano nella tua testa, un groviglio di frasi e immagini che ti provocano un dolore insopportabile. Le tempie ti pulsano, a ogni passo un colpo di scalpello scava in profondità. Hai l'impressione che il cervello possa esplodere fuori dalle orbite degli occhi, ma non ti vuoi fermare. Ti piace spingere oltre i tuoi limiti e sentire il fiato corto. È già quasi un’ora che corri e non ce la fai più. Fa freddo e il tuo sudore caldo si congela sulla schiena facendoti venire i brividi. I tuoi seni, costretti nel reggiseno a corsetto, sono doloranti. Vorresti poterli liberare e non sentire più lo sfregamento del tessuto sui capezzoli indolenziti.»



sabato 2 aprile 2011

rollio


È quel rollio che mi riporta indietro nel tempo; è quel dondolare sospinto dall’onda a darmi la nausea mentre chiudo gli occhi e lascio che sia il mio corpo a lasciarsi andare. Mi accascio e resto immobile.

Non era così che doveva essere. Penso. Mi avevano detto di non aver paura, di andare e uscire allo scoperto. Che era arrivato il momento giusto, ero pronta.

Invece tremo. Non riesco a muovermi e mi copro il viso con le mani. Le sento pulsare le ferite ancora aperte, il sangue scorrere sotto la pelle.

Avverto i passi del predatore che fiuta l’odore del mio sangue. Rosso cupo e denso. Si aggira poco lontano. Sa che ci sono e aspetta solo il momento di agire.

Mi stupisco di essere ancora viva. Vorrei potermene andare adesso, prima che si avvicini troppo, ma non ho la forza di tirarmi in piedi.

La vedo la strada, una strada alberata che corre dritta innanzi a me, di ghiaia bianca.

La strada da prendere. Non ci sono sponde a cui appoggiarmi e allora resto lì, aggrappata alle mie ginocchia.

Provo un dolore così profondo che incatena ogni mio pensiero a terra e io, incapace di prendere il volo, trattengo il respiro per non esistere e allontanare lo sciacallo. Non sono ancora morta.

Come l’eroe sulla via del ritorno, consapevole delle prove che lo aspettano, ma incapace di armarsi contro i nemici. Solo, in una lotta in cui nessuno lo può aiutare, nemmeno gli Dei, sa che prima o poi dovrà andare in guerra perché quello è il suo destino. Ed è anche il mio.

Intanto la testa continua a girare, la luce bianca che filtra dalle fessure mi confonde.

Vorrei che qualcuno mi venisse a prendere e mi portasse via. Magari in braccio. Vorrei concedermi una tregua, curarmi le ferite, vorrei poter guardare avanti senza abbassare lo sguardo. Vorrei essere un gatto che cade sempre in piedi.

Vorrei. Ma non oso.