sabato 1 agosto 2009

LA SCELTA DI GLORIA

pubblicato sul settimanale Vera n°7 del 04/08/09


Gloria aveva ancora tra le mani la lettera scivolata fuori dalle pagine di un libro lasciato sul divano. La maneggiava come se fosse stata di fuoco, la girava e la rigirava senza sosta come per cercare delle parole che negassero tutto quello che aveva appena finito di leggere. La lesse una, due, tre volte. Erano poche inequivocabili parole, che la colpivano direttamente nel centro del petto. Si sentiva mancare e si dovette sedere per terra. Fece un gran respiro e ricominciò a leggere la lettera dal principio per la quarta volta.
«Caro Alberto, sono sdraiato sul mio letto e non riesco a smettere di pensare a noi due. Ai nostri momenti d’amore rubati al tempo e a tutte le cose meravigliose che mi dici continuamente. Una persona nella vita arriva ad un punto dove deve scegliere da che parte stare, può avere tante strade davanti, ma ne deve seguire una. Sono certo che tu sarai in grado fare la tua scelta serenamente senza far soffrire le persone che ti stanno accanto. Io non ti faccio fretta, sappi solo che ti amo e ti aspetto. Tuo Angelo».
Gloria aveva una gran voglia di urlare e infatti lo fece nella solitudine di quella stanza. «Perché, perché, perché?», gridò con tutta la voce che aveva in gola.
Le veniva da vomitare. Corse in bagno. Si svuotò lo stomaco e cercò di calmarsi. Si sedette sul bidet con la testa tra le mani.
Provò ad alzarsi, ma le girava ancora la testa. Si appoggiò al lavandino e mise la faccia sotto al rubinetto dell’acqua fredda. Restò così, qualche secondo, trattenendo il respiro. L’acqua scorreva sugli occhi chiusi, sul naso, sul mento. Poi prese un asciugamano e ci affondò il viso, tornando a sedersi. Gloria era talmente delusa da non provar più nemmeno rabbia. L’aveva già urlata tutta fuori prima, nel mezzo del suo salotto.
Una volta passate le vertigini andò di là a prendere la lettera e l’appoggiò in vista sul tavolo. Si muoveva nell’appartamento avanti e indietro tenendo lo sguardo sul bianco del foglio nel mezzo del tavolo come se lo stesse studiando. Sperava quasi che a voltarsi sparisse, per non dover affrontare la questione. «Che faccio, ora?», si chiedeva inquieta.
La giornata sembrava non avere mai fine. Gloria cercò di lavorare al suo romanzo, ma non riusciva a concentrarsi. Era tormentata dall’idea di dover affrontare per l’ennesima volta l’argomento con Alberto. Non era il primo tradimento. Ne erano avvenuti altri negli anni. Prima e dopo il matrimonio. Lei aveva finito quasi con l’abituarsi al fatto di non bastargli come amante. Nel frattempo avevano cresciuto due figli, Marco e Serena, comprato casa, fatto progetti insieme come se il problema non esistesse.
Alberto le chiedeva sempre scusa, dopo. «Non lo farò più», diceva lui ogni volta. «Ti amo, non voglio perderti», ripeteva tra i singhiozzi. E ogni volta Gloria perdonava e s’illudeva che fosse l’ultima. «In fondo lui torna sempre da me», si diceva. Il dramma si trasformava in una scappatella, una debolezza del momento e il problema veniva pian piano messo da parte fino alla volta successiva.
Ma con Angelo, no. Non poteva essere una debolezza. Si erano conosciuti tutti e tre al liceo e si frequentavano da allora. Avevano studiato insieme, passato vacanze al mare per anni a casa dei genitori di Angelo. Lui aveva anche avuto una breve storia d’amore con la sorella di Gloria, prima di accettare le sue tendenze omosessuali. Angelo era lì, da loro a cena non più di una settimana prima a festeggiare il suo compleanno.
Quasi non poteva crederci «Non sta succedendo a me, impossibile», si ripeteva Gloria. Per lei era un colpo terribile, lo viveva come un doppio tradimento. Il marito e il migliore amico.

«Piangere non serve», si disse Gloria. «Stavolta devo prendere una decisone definitiva».
Spense il computer, staccò il telefono, accostò tutte le persiane e si sdraiò sul divano. Chiuse gli occhi, ma non riuscì a rilassarsi nemmeno così. La sua testa era piena di domande, dubbi. Molte delle certezze che aveva erano crollate di colpo. Ora dubitava delle cose che Alberto le aveva raccontato, delle serate fuori per lavoro, dei seminari all’estero. La sua fiducia era stata tradita, questa era la cosa che le pesava di più.
Le cose tra loro non andavano bene da tempo, e lei lo sapeva. Le incomprensioni erano aumentate e, soprattutto negli ultimi mesi che non facevano più l’amore. Alberto coglieva ogni occasione per litigare. Ora aveva chiaro il motivo di tanta tensione. Lei aveva già pensato di lasciarlo altre volte, ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Forse non era riuscita a considerare una separazione come soluzione possibile per la paura di restare sola. Non la vedeva come una situazione facile da affrontare per una donna di cinquant’anni. Si era sempre sentita insicura, nonostante i figli fossero già indipendenti e lei fosse una scrittrice di discreto successo. Gloria aveva sempre vissuto credendo nell’amore romantico, l’amore per sempre, l’amore che aiuta a superare tutti i problemi.
Ora, però la situazione era diversa. Scopriva una relazione omosessuale del marito con il loro migliore amico, che probabilmente andava avanti da anni. Una vita parallela. Non poteva passarci sopra come aveva fatto in passato. Doveva prendere una decisione e doveva prenderla subito. Non poteva più rimandare per rispetto a sé stessa. Passarono le ore con lei sdraiata sul divano. Ad un certo punto si tirò in piedi di scatto, quasi avesse avuto un’illuminazione. Capì cosa doveva fare e si mise in attesa.

Alberto tornò a casa alla solita ora, notò subito che c’era qualcosa che non andava.
L’appartamento tutto buio e silenzioso. «Gloria?», chiamò chiudendosi alle spalle la porta d’ingresso.
Lei non rispose. Lui entrò in salotto e la trovò seduta al tavolo nella penombra. Teneva tra le dita la lettera. Alberto intuì immediatamente la gravità della situazione.
«Pensavo fosse una faccenda chiusa da tempo, ti voglio fuori di casa entro domani», disse lei mentre si alzava a consegnare la lettera nelle mani di Alberto. «Possiamo parlarne?», domandò lui con un fil di voce. «Che differenza farebbe? Il perdono non costa nulla, quando sei tu quella ad aver paura di essere abbandonata. Questa volta è diverso», furono le ultime parole di Gloria.
Alberto capì dal suo tono che era finita sul serio e che sarebbe stato inutile anche solo discuterne. Non aveva la forza nemmeno di giustificarsi. Se si era arrivati a questo la colpa era anche sua, in fondo erano anni che portava avanti una relazione con Angelo senza avere il coraggio di decidere da che parte stare. Ora la decisione l’aveva presa Gloria per lui.
Alberto prese il cellulare dalla tasca e chiamò Angelo. «Vengo da te», disse solamente. Poi riattaccò.
Per tutta la sera Gloria non parlò. Non riusciva ad uscire nulla dalle sue labbra, nemmeno un mugugno. Aveva la testa vuota, tanto quanto la bocca. Seguiva con gli occhi i movimenti di Alberto, mentre radunava le sue cose in due valigie nel silenzio di una casa che già sembrava troppo grande.
Lui, una volta pronto per andarsene, esitò davanti alla porta. Si girò verso Gloria. «E i ragazzi?», le chiese. Gloria non gli rispose, allontanò lo sguardo. Il pensiero di doverlo comunicare ai figli era un dolore immenso per lei. «Li chiamo io domani», continuò lui aprendo la porta. «È il minimo che tu possa fare per loro», disse lei con fermezza guardandolo dritto negli occhi.
«Passo quando non ci sei a prendere il resto della mia roba», e la porta si chiuse su una storia forse finita da tempo.

Gloria non aveva cenato, non aveva fame ed era emotivamente esausta. Sapeva dentro di sé che quella era la strada giusta, anche se dolorosa. «Avrei dovuto pensarci anni fa», si disse mentre inaspettatamente cominciava a provare un senso di sollievo. Spense tutte le luci in giro per casa, accese delle candele e si versò un bicchiere di vino rosso per rilassarsi. «Ce la posso fare», pensò mentre cercava la musica giusta tra i molti dischi di musica jazz che adorava. Blue train di John Coltrane sembrava la scelta migliore.
Gloria aprì le finestre per respirare l’aria estiva. Inspirò a pieni polmoni e pensò di coricarsi. Andò verso la camera da letto, ma si bloccò sulla soglia. L’idea di dormire nel letto coniugale la turbava, decise allora di sistemarsi sul divano.

Soffiò sulla fiammella. L’odore della candela appena spenta non le dava noia, anzi le era sempre piaciuto. Nella penombra Gloria raccolse i vestiti che si era lasciata cadere in terra e si sedette sul bordo del divano, come se non osasse di più. Si avvolse nelle due coperte messicane, quella bianca, più morbida sfiorò i suoi seni. Lei dormiva così, nuda.
Sapeva che ora quello era il suo posto e si accoccolò in un angolo.
La solitudine che aveva scelto non la spaventava, sarebbe stata come una pausa. Un lasso di tempo tra la partenza e l’arrivo. E anche se lei non sapeva con certezza quali fossero la destinazione e la durata del viaggio, cercava di stare tranquilla.
Chiuse gli occhi e lasciò che i deboli rumori della notte intrattenessero il silenzio dei suoi pensieri. Si addormentò così, abbracciata alle sue ginocchia.
Più duro fu il risveglio, senza rumori. Solo un lontano brusio dalla strada. Le persiane lasciate aperte per accogliere l’alba ora lasciavano entrare un debole sole. Gloria fece scivolare le coperte in fondo al divano e si mise a sedere. Ripensò agli eventi della sera prima. Aveva fatto una scelta e la stava portando fino in fondo.
Non lo aveva fermato mentre faceva la valigia, non aveva pianto. L’aveva lasciato andare via, come doveva essere. Era proprio finita. Aveva semplicemente chiuso la porta a chiave una volta che lui era uscito, come se non avesse mai abitato lì.
Rimase seduta sul bordo del divano per alcuni minuti, giusto quel tempo per realizzare che era successo sul serio. Sì alzò lentamente voltandosi verso la porta della camera da letto che era buia e silenziosa. Scosse la testa quasi irritata come per mandare via dei brutti pensieri e si avviò verso il bagno.

Gloria si buttò con rabbia sotto la doccia e cominciò a strofinarsi il corpo con forza come se volesse lavarsi via gli ultimi pensieri che le affollavano la testa. Ad un certo punto gettò la spugna per terra e scoppiò a piangere.
Le lacrime, confondendosi con le gocce d’acqua, potevano lentamente rotolare giù per la pelle nuda fino a morire silenziose senza essere viste.
Mentre il getto d’acqua calda la continuava a massaggiare in tutto il corpo, la sua mente vagava fino a perdersi nell’atto di aggrapparsi momenti del passato scappati via, fissando insistentemente quella crepa sulla piastrella di fronte a sé, come se da essa attendesse un suggerimento su come sentirsi.
«Non lo amavo più nemmeno io», si disse «sarebbe finita lo stesso, prima o poi. Era solo questione di tempo».
Si accasciò sul fondo della doccia abbracciandosi le ginocchia in quel suo modo infantile che usava fare nei momenti di tristezza e lasciò che l’acqua le scorresse sulla schiena gustandone l’intensità. Dopo qualche minuto si rasserenò.
Un brivido, una fantasia. Si toccò il seno e le cosce, ammorbidite dall’acqua.
Nonostante l’età era ancora una splendida donna, lei lo sapeva. Gli amici e i figli l’amavano, l’avrebbero sostenuta nella sua scelta. Non sarebbe stata così sola.
Reclinò la testa all’indietro e assaporò un po’ di quel sesso che le era mancato negli ultimi mesi, mentre i minuti si allungavano su tutti quei pensieri che non hanno un posto stabile nella mente, che vagano senza controllo e che possono andare e venire indisturbati. L’acqua alla fine riuscì a portarle via la malinconia. Nello specchio rivide l’immagine di lei da ragazza con tutta la vita davanti che si sovrapponeva con la donna di oggi. «Forza Gloria, vai avanti per la tua strada», si disse sorridendo. «Non avere rimpianti».
Tornata alla realtà, avvolta da un ampio accappatoio giallo si sedette davanti alla grande finestra del salotto con una tazza di caffé in mano. Era mattino presto. Osservava la strada, il mercato settimanale che via via andava riempiendosi di persone indaffarate. Guardava con curiosità il via vai di gente di tutti i colori e di tutte le età. Le arrivava all’orecchio il brusio delle voci, le risate dell’ortolano all’angolo che prendeva in giro la vecchia signora, sentiva l’odore di rosmarino dei polli arrosto entrare dalla finestra aperta.
«Al diavolo, il mondo è là fuori!», esclamò. Si alzò di scatto, senza aver finito il suo caffé, s’infilò il vestitino rosso lasciato sul tappeto la sera prima, un paio d’infradito e scese tra la folla.

1 commento:

weirde ha detto...

Ciao, sto provando ad inviare a Vera un mio racconto ma credo di avere unn indirizzo mail sbagliato, qual è l'indirizzo giusto a cui inviare i racconti?