tag:blogger.com,1999:blog-60715499675913823032024-02-09T03:13:42.363+01:00Segni & Sensischegge autobiografiche e impressioni semiserieDonatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.comBlogger296125tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-9857848567844201532014-12-14T22:10:00.002+01:002014-12-14T22:28:59.077+01:00NUOVO BLOG...
MI SONO SPOSTATA IN UN NUOVO BOLG
VI ASPETTO DI LA'
<b><a href="http://donatelladangelo7.tumblr.com/">Il sè con[diviso]</a>
</b>
...Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-14871976024446611772012-03-23T17:50:00.001+01:002012-03-23T17:50:58.994+01:00Il demone e la Musa(3° posto al concorso di <a href="http://www.artapartofculture.net/arts-magic-word-concorso-letterario-i-vincitori/" target="_blank">art a part of cult(ure)</a> )<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">Sei sola, infine. Sono passati parecchi anni dall’ultima volta che sei rimasta sola, pensi, mentre frughi nel profondo della memoria alla ricerca di un particolare che ti possa confermare quel pensiero. Non che la memoria sia mai stato il tuo forte. Riesci con lucida concentrazione, ad andare indietro nel tempo fino ai tuoi diciassette anni senza però trovare alcun dettaglio utile e ti chiedi se è veramente possibile che, per la bellezza di ventisette anni, tu non sia mai stata sola per più di un giorno intero.</div><div style="text-align: justify;">Intanto osservi l’immagine che lo specchio del piccolo bagno ti rimanda: la ferita aperta sopra il labbro superiore, l’occhio destro livido che si apre appena. Le mani ancora sporche di sangue. Come hai potuto lasciare che ciò accadesse di nuovo?</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Te la ricordi bene quella fuga, quella dei diciassette anni, una delle poche cose che ti provoca ancora i brividi a pensarci. Non è stata la prima e nemmeno l’ultima, è stata quella, però, che ha dato una svolta alla tua vita. Una fuga d’impulso, decisa nel momento in cui, durante un litigio di quelli inutili, sbattevi la porta di casa in faccia a tuo padre, troppo ubriaco per rendersi conto che, con il suo continuo accanarsi contro di te, aveva appena perso una figlia.</div><div style="text-align: justify;">Tu in quella casa non ci hai più messo piede, nemmeno il giorno del suo funerale. «Se lo è meritato», era stato il tuo unico commento alla notizia della sua morte. Una morte ignobile, come del resto lo era stata tutta la sua vita, soffocato dal suo stesso vomito, nel sonno. Passato dalla sbronza alla morte nel tempo di un unico respiro.</div><div style="text-align: justify;">In quella casa non ci sei più tornata, nemmeno quando tua madre, rimasta sola, te lo aveva chiesto in lacrime. Avevi chiuso la porta una volta per tutte. L’avevi sbattuta forte, con rabbia, quella porta convinta che i ricordi da lì non potessero più uscire.</div><div style="text-align: justify;">Allora non lo potevi sapere. Nell’ingenuità della tua giovinezza non te ne rendevi conto, ancora, che esistono dolori che non si rimarginano. Dolori che ti si appiccicano addosso, capaci di riaprire ferite che pensavi ormai cicatrizzate.</div><div style="text-align: justify;">Che non era così semplice dimenticare lo hai scoperto solo anni dopo, quando hai incontrato Frederick. La violenza te la porti dietro per tutta la vita. È un linguaggio con cui impari a esprimere anche i tuoi sentimenti più profondi, un linguaggio che non dimentichi più, proprio come la tua lingua madre.</div><div style="text-align: justify;">Ti lavi le mani dal sangue. Eviti di guardare di nuovo l’immagine riflessa nello specchio, lo hai visto troppe volte il tuo viso tumefatto. Allunghi la lingua verso la ferita sul labbro e senti il sapore di ferro invadere la bocca: sanguina ancora. Ti domandi se potrà guarire senza punti perché il solo pensiero del pronto soccorso ti provoca un senso di smarrimento. Le domande, i sospetti, la commiserazione: no, non è proprio il caso. Ti concentri allora sulla schiuma di sapone che diventa rossa per non alzare lo sguardo. Insaponi quelle mani, che non senti più tue, in modo ossessivo, quasi volessi infliggere loro una punizione. Insisti, sfregando con la spugna ruvida, fino a far bruciare la pelle.</div><div style="text-align: justify;">Le dita, i polsi, gli avambracci fin su oltre al gomito. Il bagno è così stretto che in un attimo si satura di profumo alla papaya, così dolce da rendere quasi impossibile respirare.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Frederick lo avevi conosciuto durante una delle tue fughe. Quando ti eri detta che saresti partita “per sempre” e ti eri imbarcata con un biglietto di sola andata per New York. Al tempo in cui tutti i tuoi averi riuscivano a riempire, a malapena, l’unica valigia che possedevi.</div><div style="text-align: justify;">Lui ti aveva notato subito. Non eri mai stata una ragazza che passava inosservata: una lunga linea di ampie curve sotto a una folta chioma di capelli rossi. Arrivata da poco in città, giravi per i locali e le gallerie d’arte in cerca d’ispirazione e quella sera eri entrata per caso nella sua galleria attratta dalla grande tela appesa in fondo alla sala: un’elegante figura femminile, nuda, che al primo sguardo ricordava uno stelo con una grande corolla di petali vermigli. Per un attimo, avevi avuto l’impressione di essere davanti a uno specchio. Anche Frederick aveva avuto la tua stessa identica impressione, te lo aveva confessato la notte che ti aveva visto nuda, dopo aver fatto l’amore nel suo studio per la prima volta.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Ti allontani dallo specchio, senza uscire dal bagno. Sei nuda. Te ne rendi conto quando l’aria che entra dalla finestra, dimenticata aperta, lambisce il tuo corpo e lo fa tremare. È una condizione alla quale oramai non fai più caso, pensi, essere nuda. Il tuo corpo ritratto, il tuo corpo amato e allo stesso tempo disprezzato, il tuo corpo linguaggio tra il tuo mondo visibile e quello invisibile: un filo sottile che lega il passato al presente. L’arte di lui che passa attraverso il tuo corpo.</div><div style="text-align: justify;">Inginocchiata a sfregare il pavimento, con movimenti lenti della mano passi su tutte le piccole gocce di sangue che hai calpestato con i piedi. Procedi con metodo, dal lavandino alla porta dietro di te, che hai lasciato socchiusa per paura di sentirti soffocare. Non guardi al di là dello spiraglio, tieni gli occhi sulle tue mani che grattano sulle piastrelle. Non sai bene cosa ti aspetti una volta che varcherai quella soglia.</div><div style="text-align: justify;">La passione si era presto tramutata in tormento. Frederick ti aveva preso a vivere con lui e ti aveva fatto prigioniera. Prigioniera della sua passione. Prigioniera perché tu eri, per lui, la sua ossessione pittorica fatta carne e non riusciva a pensare ad altro: il tuo corpo nel letto e il tuo corpo sulla tela. Grandi fondi dipinti di rosso carminio e il bianco della tua pelle.</div><div style="text-align: justify;">Ma tu allora eri giovane, vent’anni più giovane di lui, e non capivi la differenza tra passione e dolore. Ti inebriavi delle sue frasi e della tua immagine ovunque. Chiamavi tutto ciò amore. «Lui mi ama, si prende cura di me», ti dicevi quando ti obbligava a stare ferma per ore mentre lui ti ritraeva. «Lui mi ama», pensavi anche quando invece si arrabbiava con te, quando litigavate perché avevi parlato per troppo tempo con un uomo alla sua mostra, o ti eri vestita troppo scollata.</div><div style="text-align: justify;">«È il suo modo di amarmi», lo avevi perfino scusato il giorno che era ti arrivato dritto sulla guancia il primo schiaffo, dopo un litigio eccessivo e brutale, per un motivo così stupido che non riuscivi nemmeno a ricordare.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Seduta sul pavimento, nell’angolo più buio del bagno, abbracci le tue ginocchia. Non hai la forza di ritornare nell’altra stanza. Speri che il tempo si allunghi come un elastico, che si tenda all’infinito per non dover affrontare ciò che ti aspetta. Ma ora hai freddo, senti i brividi che corrono su per la schiena, non puoi più restare lì ferma, pensi nel momento in cui una folata di vento fa sbattere la finestra.</div><div style="text-align: justify;">I tuoi fragili nervi ti fanno letteralmente saltare su dallo spavento, e ti ritrovi in piedi davanti alla porta. Con un lieve gesto delle dita la spingi. Intravvedi il letto semidisfatto pieno di fogli e pennelli. Di Frederick neanche l’ombra.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Anche fare l’amore, con gli anni, era diventato sofferenza: lui sempre più esigente e stravagante nelle sue richieste e tu sempre meno libera di poter dire di no. A te, che da bambina non ti era mai stata data la possibilità di imparare cosa fosse l’amore, sembrava una cosa normale che la tua anima non fosse rispettata. Non lo faceva tuo padre quando abusava di te e non lo faceva nemmeno Frederick quando ti sussurrava all’orecchio di amarti più di ogni altra cosa al mondo mentre ti legava al letto. Non ti ribellavi. Bastavano poche parole dolci per confonderti, pronunciate frettolosamente insieme al tuo nome: Natascia. Poche parole in cui nascondere la morbosità che teneva in piedi il vostro rapporto. E lui questo lo sapeva bene.</div><div style="text-align: justify;">Intanto il tuo corpo abbandonava lentamente la freschezza dei vent’anni e questo Frederick non lo poteva sopportare. La frustrazione lo costringeva a portare a casa altre donne. Donne sempre più giovani e rigogliose come la sua pittura pretendeva. La sua vita era diventata un andirivieni di corpi pallidi e lisci, da dare in pasto al rosso vivo della tela dipinta di fresco. Unico rito capace di soddisfare la sua ossessione.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Prendi coraggio e ti avvicini al letto. Vedi i suoi piedi nudi spuntare da dietro le lenzuola stropicciate cadute sul pavimento. Ti siedi sul bordo del letto trattenendo il respiro. Resti ferma in una posa scomposta, come se fossi in bilico su uno strapiombo. Hai la nausea.</div><div style="text-align: justify;">Non era così che volevi che fosse, pensi, ora è troppo tardi: non si torna più indietro.</div><div style="text-align: justify;">Ti osservi intorno, in quella stanza le immagini di tutta la tua vita. Il passato è lì a ricordarti da dove vieni, ma è privo d’indicazioni su dove andare. Impantanata in sabbie mobili di pensieri inutili, non ti resta in mano che il presente scomodo. Lui è lì, supino sul pavimento, immobile in un lago di sangue. Tu non lo guardi e non guardi nemmeno il coltello da cucina che gli sta accanto. Non senti più nulla. Solo l’eco dei tuoi pensieri macinati fini dai sensi di colpa che si propaga in tutta la testa. Hai il voltastomaco. Non passa.</div><div style="text-align: justify;">Poco più in là, sul cavalletto, l’ultimo tuo ritratto. Incompiuto. Ti avvicini lentamente per osservarlo meglio. Di quello stelo elegante e la sua corolla di petali non è rimasta traccia, svanito nel tempo. Ora in quelle pennellate chiare stenti a riconoscerti.</div><div style="text-align: justify;">«È colpa tua!», urli girandoti di scatto verso il corpo senza vita di Frederick. Il Demone, ora, non ti fa più paura. In un rincorrersi di sensazioni più grandi di te, ti inginocchi vicino a lui, incurante del sangue che lo circonda. Le tue ginocchia si bagnano di rosso e così le tue mani al profumo di papaya. Le immergi completamente nel liquido ancora caldo e scoppi a piangere. «È colpa tua», sussurri.</div><div style="text-align: justify;">Colta da un impulso violento ti ritrovi, con la rabbia tra i denti, a trattenere un conato. Non puoi farcela, pensi. Ti alzi di scatto. Gli occhi fissi sul dipinto incompiuto. Prendi un pennello dal letto, lo intingi nella pozza di sangue e con gesti lucidi e precisi riprendi le parti mancanti del fondo carminio. «Tutto ha un senso», pensi.</div><div style="text-align: justify;">Ti infili il primo vestito che trovi in giro direttamente sulla pelle nuda, senza curarti delle impronte di sangue che le tue mani sporche lasciano ovunque. Afferri la tela con un gesto veloce mentre ti dirigi verso l’uscita, che varchi in silenzio, senza nemmeno voltarti.</div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-46904394302609866002012-03-21T22:55:00.002+01:002012-03-21T23:02:34.359+01:00OltreCorpo#1<iframe width="420" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/KKPD442OPV4" frameborder="0" allowfullscreen></iframe><br />
<br />
<br />
SEGUICI SU <a href="http://www.facebook.com/Oltrecorpo" target="_blank">FACEBOOK</a>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-73365574997631194622011-09-15T01:07:00.005+02:002011-09-15T01:14:54.224+02:00FALLEN ANGELS in Mostra<div><object classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" style="width:420px;height:297px" id="2d21cc2b-9689-dd2f-a882-1e4d70f11e5d"><param name="movie" value="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v2/IssuuReader.swf?mode=mini&printButtonEnabled=false&backgroundColor=%23222222&documentId=110914230006-3792a6223664418798842debca167558"><param name="allowfullscreen" value="true"><param name="menu" value="false"><param name="wmode" value="transparent"><embed src="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v2/IssuuReader.swf" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true" menu="false" wmode="transparent" style="width:420px;height:297px" flashvars="mode=mini&printButtonEnabled=false&backgroundColor=%23222222&documentId=110914230006-3792a6223664418798842debca167558"></embed></object></div><br /><div style="text-align: center;"><span style="font-size:130%;"><span style="font-size:100%;">In mostra al MOGAMO café<br />via A. Doria, 12 - Milano<br /><br />Dal 14 sttembre al 16 ottobre<br /><br />Per info e orari: 02 36528389<br /><br /><br />.<br /></span></span></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-47276714546740162642011-08-16T12:20:00.005+02:002011-08-16T12:23:27.421+02:00La Terre Mère<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVaDluOwyNN672UgIk3PTgqnQTj4RejmnlGTSWPtHNSQfbE245D8TLPoBy_mkvibIYdKyUycWGDhxDbSSikV6eVCrxodjb44McReqzNAsKkT1PsgKloeOUgpasdwfxfid6FNtXIdmnBQ/s1600/Terre+Me%25CC%2580re+esempio.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 268px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVaDluOwyNN672UgIk3PTgqnQTj4RejmnlGTSWPtHNSQfbE245D8TLPoBy_mkvibIYdKyUycWGDhxDbSSikV6eVCrxodjb44McReqzNAsKkT1PsgKloeOUgpasdwfxfid6FNtXIdmnBQ/s400/Terre+Me%25CC%2580re+esempio.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5641396752956828402" border="0" /></a>
<br /><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: center; font-style: italic;"><span style="font-size:85%;"><span class="fbPhotoCaptionText">"Terre Mère" (work in progress)</span>
<br /><span class="fbPhotoCaptionText"></span>
<br /><span class="fbPhotoCaptionText">One of nine photographs from the project "La Terre Mère"</span>
<br /><span class="fbPhotoCaptionText">©Donatella D'Angelo 2011</span>
<br /></span></div>
<br />
<br />Ogni uomo ha bisogno di identificarsi in qualcosa che trascenda, trasfiguri, nobiliti, arricchisca la sua esistenza quotidiana individuale, ponendosi in contatto con un ordine simbolico superiore, rispetto al proprio corpo e alla propria vita.
<br />
<br />Credo sia arrivato il momento per l’uomo di riacquistare la capacità di avvertire la dimensione animistica dei luoghi e degli esseri e che questa necessità possa risultare in un significativo passo in avanti sul cammino dell’individuazione dell’uomo stesso e della propria anima. Un ricongiungimento tra natura ed essere umano, un’integrazione reale che rifiuti lo sfruttamento feroce delle risorse naturali della terra da parte dell’uomo incentivando invece un’unione spirituale profonda tra le parti. Ricongiungimento che può avvenire attraverso un processo di semplificazione del pensiero e conseguentemente della società.
<br />
<br />L’opera “La terre mère” è il prodotto di un lavoro autobiografico sulla ricerca del mio stesso centro simbolico attraverso il processo di semplificazione e ricongiungimento con la natura in cui la scelta del nudo e del particolare ha un forte connotato rappresentativo: il pube e la fertilità, la forma del triangolo con magia e spiritualità, la nudità come naturale semplificazione del pensiero.
<br /></div>
<br />
<br />©Donatella D’Angelo 2011
<br />
<br />Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-22906419543643629092011-08-09T23:48:00.006+02:002011-08-09T23:56:14.776+02:00le ricette di sunugal<div style="text-align: center;"><object style="width:600;height:450"><param name="movie" value="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v1/IssuuViewer.swf?mode=embed&documentId=110809205255-140c6ac0df3344069306ab5469d3c4b9&documentUsername=sunugal&documentName=ricette_1&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Flight%2Flayout.xml"><param name="allowFullScreen" value="true"><embed src="http://static.issuu.com/webembed/viewers/style1/v1/IssuuViewer.swf" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true" style="width:600;height:450" flashvars="mode=embed&documentId=110809205255-140c6ac0df3344069306ab5469d3c4b9&documentUsername=sunugal&documentName=ricette_1&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Flight%2Flayout.xml"></embed></object>
<br />
<br /></div><div style="text-align: center;">scambio di sapori e saperi tra Italia e Senegal
<br />
<br />
<br />Puoi sostenere l'associazione <a href="http://www.sunugal.it/">Sunugal</a> con una donazione
<br />tutte le info in terza di copertina.
<br />Per ordinare la copia cartacea della rivista lascia nome e e-mail nei commenti
<br />Grazie
<br /></div><div style="text-align: center;"><div style="text-align: center;">
<br /></div>
<br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-30275547480466355292011-06-08T23:14:00.006+02:002011-06-08T23:50:02.993+02:00Del sole spento e della morte (2 puntata)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1n_Gixxpv1mi_W1j02m08O6o-7vm-nHLEQdrJ9-JEhebrxcNQi4jm5lq0INQuPAtBwyc4Oo4e2-oeJczQFpRl540CdsEHr4BLidpG8uuI7h4sQ7ieJCzMci9LJlFAzt3BenQx1_z2sA/s1600/6a00d8341c61d153ef01156f3d13e6970c-320wi.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1n_Gixxpv1mi_W1j02m08O6o-7vm-nHLEQdrJ9-JEhebrxcNQi4jm5lq0INQuPAtBwyc4Oo4e2-oeJczQFpRl540CdsEHr4BLidpG8uuI7h4sQ7ieJCzMci9LJlFAzt3BenQx1_z2sA/s400/6a00d8341c61d153ef01156f3d13e6970c-320wi.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5615964050388335602" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"> <style> <!-- /* Font Definitions */ @font-face {font-family:Cambria; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:auto; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:3 0 0 0 1 0;} /* Style Definitions */ p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-parent:""; margin-top:0cm; margin-right:0cm; margin-bottom:10.0pt; margin-left:0cm; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ascii-font-family:Cambria; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Cambria; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Cambria; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;} p.MsoHeader, li.MsoHeader, div.MsoHeader {mso-style-noshow:yes; mso-style-link:"Intestazione Carattere"; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; tab-stops:center 240.95pt right 481.9pt; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ascii-font-family:Cambria; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Cambria; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Cambria; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;} p.MsoFooter, li.MsoFooter, div.MsoFooter {mso-style-noshow:yes; mso-style-link:"Piè di pagina Carattere"; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; tab-stops:center 240.95pt right 481.9pt; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ascii-font-family:Cambria; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Cambria; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Cambria; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;} a:link, span.MsoHyperlink {mso-style-noshow:yes; color:blue; text-decoration:underline; text-underline:single;} a:visited, span.MsoHyperlinkFollowed {mso-style-noshow:yes; color:purple; text-decoration:underline; text-underline:single;} span.IntestazioneCarattere {mso-style-name:"Intestazione Carattere"; mso-style-noshow:yes; mso-style-locked:yes; mso-style-link:Intestazione; mso-ansi-font-size:12.0pt; mso-bidi-font-size:12.0pt;} span.PidipaginaCarattere {mso-style-name:"Piè di pagina Carattere"; mso-style-noshow:yes; mso-style-locked:yes; mso-style-link:"Piè di pagina"; mso-ansi-font-size:12.0pt; mso-bidi-font-size:12.0pt;} @page Section1 {size:612.0pt 792.0pt; margin:70.85pt 2.0cm 2.0cm 2.0cm; mso-header-margin:36.0pt; mso-footer-margin:36.0pt; mso-paper-source:0;} div.Section1 {page:Section1;} --</style><br /><br /> <style> <!-- /* Font Definitions */ @font-face {font-family:Cambria; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:auto; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:3 0 0 0 1 0;} /* Style Definitions */ p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-parent:""; margin-top:0cm; margin-right:0cm; margin-bottom:10.0pt; margin-left:0cm; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ascii-font-family:Cambria; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Cambria; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Cambria; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;} p.MsoHeader, li.MsoHeader, div.MsoHeader {mso-style-noshow:yes; mso-style-link:"Intestazione Carattere"; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; tab-stops:center 240.95pt right 481.9pt; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ascii-font-family:Cambria; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Cambria; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Cambria; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;} p.MsoFooter, li.MsoFooter, div.MsoFooter {mso-style-noshow:yes; mso-style-link:"Piè di pagina Carattere"; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; tab-stops:center 240.95pt right 481.9pt; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ascii-font-family:Cambria; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Cambria; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Cambria; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;} a:link, span.MsoHyperlink {mso-style-noshow:yes; color:blue; text-decoration:underline; text-underline:single;} a:visited, span.MsoHyperlinkFollowed {mso-style-noshow:yes; color:purple; text-decoration:underline; text-underline:single;} span.IntestazioneCarattere {mso-style-name:"Intestazione Carattere"; mso-style-noshow:yes; mso-style-locked:yes; mso-style-link:Intestazione; mso-ansi-font-size:12.0pt; mso-bidi-font-size:12.0pt;} span.PidipaginaCarattere {mso-style-name:"Piè di pagina Carattere"; mso-style-noshow:yes; mso-style-locked:yes; mso-style-link:"Piè di pagina"; mso-ansi-font-size:12.0pt; mso-bidi-font-size:12.0pt;} @page Section1 {size:612.0pt 792.0pt; margin:70.85pt 2.0cm 2.0cm 2.0cm; mso-header-margin:36.0pt; mso-footer-margin:36.0pt; mso-paper-source:0;} div.Section1 {page:Section1;} -</style><p>Aprivo gli occhi che era ancora buio con la sensazione che mi fossi appena addormentata. Non avevo la forza di guardare che ore fossero e mi tiravo il lenzuolo fin sopra al mento. Superato quell’attimo di smarrimento dove stentavo a riconoscere persino me stessa, cercavo di tornare alla calma rimbombante del sabato mattina. Non avevo motivo di alzarmi, mi giravo lentamente verso il muro a cercare una zona del letto più fresca, sperando di riaddormentarmi in fretta.</p><p>Con gli occhi chiusi aspettavo che il sonno tornasse a conquistare le mie membra, ma dopo qualche tempo l’attesa cominciava a essere troppo lunga. Sentivo un’inquietudine molle affiorare tra le lenzuola. Mi giravo di lato, cambiavo posizione alle gambe e poi alle braccia, ma i pensieri avevano ormai iniziato a lavorare. E quel lavorio mi teneva sveglia, quasi la mia attenzione fosse rapita dal rumore degli ingranaggi nel cervello che lentamente vanno a regime.</p><p>Volevo riempire la mente con il vuoto del silenzio per quietare l’ansia del risveglio precoce, ma lì, tra il sonno e la veglia, la tua immagine si manifestava invadente. Il tuo sorriso, incastonato nei miei pensieri, da giorni ormai non mi lasciava dormire. Riguardavo gli stessi fotogrammi all’infinito, studiavo i tuoi movimenti attraverso la costante ripetizione del nostro incontro.</p><p>Ma non era mai lo stesso, l’incontro. Aggiungevo un gesto che avrei voluto avessi compiuto, oppure toglievo uno sguardo che mi aveva messo in imbarazzo, lavorando l’evento come fossi alla moviola a montare una mia verità. Lo vivevo come un vero e proprio film, con una sceneggiatura originale scritta da me, dove noi protagonisti non seguivamo altro che la legge dei miei desideri.</p><p>Quello che non cambiavo, mai, nelle diverse scene, era il tuo sorriso. Quello non mi concedevo di alterarlo. Era qualcosa di inviolabile, che andava al di là del mio lavoro di regista. Un’opera d’arte, appena macchiata dall’ombra curva del tuo naso. Labbra tonde che piegavano alle estremità in due solchi che ricordavano le fossette sulle guance dei bambini. Un’attrazione tutta infantile a esaltare il tuo viso maturo, uno specchio in cui riflettersi.</p><p>Era l’emozione che provavo davanti all’assoluto di quel sorriso, il motivo della mia insonnia. Addormentarmi voleva dire congedarmi da quella ricchezza e io non ne ero capace. Lasciarlo andare era troppo difficile, temevo che quella sensazione non tornasse più, mi abbandonasse per sempre. Avevo paura di dimenticarmene e cercavo di tenere vivo il ricordo restando sveglia. Nel preciso momento in cui sentivo che il sonno stava per averla vinta mi aggrappavo a quell’immagine sperando di riuscire a trascinarla con me nel sogno insieme ai battiti accelerati del mio cuore pronto a esplodere.</p><p>Sabato era il giorno in cui ti avrei rivisto, o meglio, era il giorno in cui tu avresti visto quello che io volevo mostrare di me. Il pensiero dell’incontro mi procurava una scossa elettrica che correva per tutta la spina dorsale. Con gli occhi ormai spalancati rimanevo supina nel letto in attesa di cogliere il primo raggio di luce penetrare dalle persiane come esortazione a lasciare il letto. La luce, però, sembrava avesse deciso di non presentarsi all’appuntamento quella mattina. Avrei dovuto leggerci un segno; un avvertimento che l’intreccio della trama si sarebbe rivelato in seguito insolitamente oscuro.</p><p></p><br /><a href="http://tabatha4ever.blogspot.com/2011/05/del-sole-spento-e-della-morte-1-puntata.html">1° puntata</a><br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-62869158927955974182011-06-04T08:31:00.002+02:002011-06-04T08:35:43.758+02:00Fallen Angels<div style="text-align: center;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiorTJe7ok7E8utzBfCIVsmmPHB3WiP_wM6ygdtoBm4XJPEAQvT7o4sw29tnO6vfPPCZlpyZADMJU0GAE6BlB-B_GLGvWN5e82__QVRXBzLLrsxcnuFgj5ISF4RtSodmTW68Q3bt_DbNw/s1600/Angel+1.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 310px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiorTJe7ok7E8utzBfCIVsmmPHB3WiP_wM6ygdtoBm4XJPEAQvT7o4sw29tnO6vfPPCZlpyZADMJU0GAE6BlB-B_GLGvWN5e82__QVRXBzLLrsxcnuFgj5ISF4RtSodmTW68Q3bt_DbNw/s400/Angel+1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5614248908567109506" border="0" /></a><span style="font-size:85%;"><span style="font-style: italic;">Angel #1 (virtual collage ©Donatella D'Angelo 2011)</span><br /></span></div><div style="text-align: center; font-style: italic;"><span style="font-size:85%;"><br /><br /></span></div><div style="text-align: center;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifLXEkDhvZIzQrP0IPOFhXoI70sPPtLV3lp5xPcTydhYAWixKTRwptxTUdmYrToiHkSLc_0t8P5bxbXRke-8YNhNu2LyDs6LWrImhB1cFi9dfGf-H9jRNrK5-D8f_Iw4e7sfKvqg9KfA/s1600/Angel+2.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 308px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifLXEkDhvZIzQrP0IPOFhXoI70sPPtLV3lp5xPcTydhYAWixKTRwptxTUdmYrToiHkSLc_0t8P5bxbXRke-8YNhNu2LyDs6LWrImhB1cFi9dfGf-H9jRNrK5-D8f_Iw4e7sfKvqg9KfA/s400/Angel+2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5614248913632003682" border="0" /></a><span style="font-size:85%;"><span style="font-style: italic;">Angel #2 (virtual collage ©Donatella D'Angelo 2011)</span></span><br /><span style="font-size:85%;"> </span></div> <div style="text-align: center; font-style: italic;"><span style="font-size:85%;"><br /> </span></div><br /><div style="text-align: center;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1sshNJ5qmxVaT8tCNihf82NjqvBMawDqZU7ookXJ49BmEwuv1l00beH5bPsOG3dcRZc_HDkrAwCFuPlZGS3oHLvr8wALLBCFBxMdZ0LWwAR4ldMLkVtdtT36IG81xfcZEQIssMMWeaQ/s1600/Angel+3.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 308px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1sshNJ5qmxVaT8tCNihf82NjqvBMawDqZU7ookXJ49BmEwuv1l00beH5bPsOG3dcRZc_HDkrAwCFuPlZGS3oHLvr8wALLBCFBxMdZ0LWwAR4ldMLkVtdtT36IG81xfcZEQIssMMWeaQ/s400/Angel+3.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5614248923300991970" border="0" /></a><span style="font-size:85%;"><span style="font-style: italic;">Angel #3 - Black Angel (virtual collage ©Donatella D'Angelo 2011)</span></span><br /><span style="font-size:85%;"> </span></div> <div style="text-align: center; font-style: italic;"><span style="font-size:85%;"><br /> </span></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-14222847240463394222011-05-25T17:10:00.003+02:002011-05-25T17:13:20.584+02:00Motherhood in red<div style="text-align: center;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdVhMpZq0hdVL3-WSTZvuHKEhZ6ZY5_pXRAwpV-QtV9zANw7XxN99ydIzoJsHmoWepeasdD0tqT9cfB6c_kFmu8jhfETJVM4oUXWnVkkJBpRcYw97WgwcDe48vcP2C24-4ERybtZ7OCw/s1600/DSC_0288+bis.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 275px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdVhMpZq0hdVL3-WSTZvuHKEhZ6ZY5_pXRAwpV-QtV9zANw7XxN99ydIzoJsHmoWepeasdD0tqT9cfB6c_kFmu8jhfETJVM4oUXWnVkkJBpRcYw97WgwcDe48vcP2C24-4ERybtZ7OCw/s400/DSC_0288+bis.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5610671403069336754" border="0" /></a><span style="font-size:85%;"><span style="font-style: italic;">acilico su cartapesta e cartoncino</span></span><br />©2011 Donatella D'Angelo<br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-62239597630405457592011-05-25T17:05:00.006+02:002011-05-25T17:13:50.466+02:00intimacy in white<div style="text-align: center;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnceIi7bUWfJhvRk7nVb23FP5giNbiUwugw_L-dfwQdRAACHV2R0JQwnJTTyfbtXW_aOBZfPycvz3_zUQP3o_ZoflxgMrl8N5G7WO3GMnbzxS6IZM9mISekdo-zbRsMjBvuFn1s_dQPg/s1600/P110518003.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 331px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnceIi7bUWfJhvRk7nVb23FP5giNbiUwugw_L-dfwQdRAACHV2R0JQwnJTTyfbtXW_aOBZfPycvz3_zUQP3o_ZoflxgMrl8N5G7WO3GMnbzxS6IZM9mISekdo-zbRsMjBvuFn1s_dQPg/s400/P110518003.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5610670335008791218" border="0" /></a><span style="font-size:85%;"><span style="font-style: italic;">acrilico su cartapesta e cartone (33 x 37 cm)</span></span><br />©2011 Donatella D'Angelo<br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-46657063023640875902011-05-25T00:44:00.005+02:002011-05-25T00:53:57.149+02:00Del sole spento e della morte (1 puntata)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtTq4Lv7fHsAWU8p158EIYAmBZsK4FlZIpf2JmsdCXytJr9BRDQBRv2bkekvIHYcfSvMdLZ7YYBk3rNSWf5NpQ4F3Z-JYD-Swk2FM5csf1RK2JIgt0OicoDTkuUoiJsT7Su0ZZFmMwfA/s1600/eclisse.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 294px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtTq4Lv7fHsAWU8p158EIYAmBZsK4FlZIpf2JmsdCXytJr9BRDQBRv2bkekvIHYcfSvMdLZ7YYBk3rNSWf5NpQ4F3Z-JYD-Swk2FM5csf1RK2JIgt0OicoDTkuUoiJsT7Su0ZZFmMwfA/s400/eclisse.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5610418473561236162" border="0" /></a><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.migliorblog.it/wp-content/uploads/2010/07/eclisse.jpg"><br /></a><br /><p style="text-align: justify;">Nulla faceva presagire che sarebbe successo, perché niente sembra mai essere ciò che è in realtà. Non si ha la coscienza del dramma, di solito è destinato sempre agli altri; un modo imprudente di evocare il nostro senso d’immortalità.</p><p style="text-align: justify;">Non penso tu mi abbia notato, trasparente come so essere io tra la folla, riesco a passare completamente inosservata. Un aspetto non trascurabile, la trasparenza, in un mondo come questo. Fatto di apparenze.</p><p style="text-align: justify;">Io ti osservavo, invece. Seduto all’estremità opposta del tavolo, precario sulla sottile sedia in alluminio, che facevi dondolare su due gambe. Avanti e indietro a scatti, quasi a dire che avresti voluto essere da qualche altra parte; da qualsiasi altra parte, ma non lì, a riempire un locale già abbastanza affollato, un sabato sera uguale a tanti altri.</p><p style="text-align: justify;">Noi si parlava e si rideva, ma tu restavi in silenzio. Il tuo era un silenzio nervoso, un silenzio lento con lievi accelerazioni. Che si alzava con te e ti seguiva mentre lasciavi il locale per rispondere al telefono.</p><p style="text-align: justify;">I miei occhi, colpevoli di averti notato, provavano a fissare la tua immagine nella memoria nonostante tu, nella tua impercettibile danza, sfuggissi al loro contatto.</p><p style="text-align: justify;">Ma è stato solo al momento dei saluti che ho sentito che ci saremmo rincontrati, quando ti è scappato un sorriso. Un sorriso semplice. Sorriso che avrei sofferto così tanto in seguito.</p><p style="text-align: justify;">E così è stato. Ci siamo rivisti. Non più tardi di qualche settimana dopo quel sabato sera, uno scontro frontale nel bel mezzo del marciapiedi. Un attimo per capire dove mi avevi già visto e poi ancora quel sorriso.</p><p style="text-align: justify;">Non ero poi così sicura che avessi veramente capito chi fossi, ma in quel momento non importava: mi stavi già invitando a bere un caffè.</p><p style="text-align: justify;">«Che caso», hai ripetuto più volte tra una frase e l’altra, forse per colmare il vuoto dell’imbarazzo, ma io so che le coincidenze non vengono mai per caso. Tu questo non lo sapevi ancora.</p><p style="text-align: justify;">Solo un attimo di esitazione, uno sguardo intorno e ti avviavi con le tazze di caffè verso l’unico tavolino libero, in fondo alla sala. Lontano dalla luce della vetrina.</p><p style="text-align: justify;">Io mi sedevo accanto a te, scegliendo di stare a tre quarti. Non ero ancora pronta per incontrare il tuo sguardo diretto.</p><p style="text-align: justify;">Nella penombra i tuoi lineamenti tornavano a essere gli stessi del sabato sera al locale, di un’intensità che la luce del sole non sapeva esaltare.</p><p style="text-align: justify;">L’ombra marcata del naso, leggermente aquilino, che muore sulla guancia, la barba di qualche giorno con riflessi grigi a tradire l’età. La voce, quella no, non aveva età invece. Era profonda, dal petto.</p><p style="text-align: justify;">Non ti facevo domande, non ce n’era bisogno. Orfano di quel silenzio che mi aveva catturato la prima volta che ti vidi, tu parlavi di te stesso senza timidezza alcuna. Nemmeno tu facevi domande, era quasi un monologo. Immerso nella tua necessità di raccontarti avevi lasciato freddare il caffè nella tazza senza berne nemmeno una goccia.</p><p style="text-align: justify;">Ma io non ti ascoltavo, rapita dalla sovrapposizione della luce sulle zone d’ombra, studiavo il chiaroscuro del tuo viso, attenta a non farmi sorprendere. Pensavo che se avessi allungato la mano avrei potuto toccare quelle curve che l’ombra disegnava quasi in modo perfetto proprio a marcare le tue labbra in movimento.</p><p style="text-align: justify;">Le mie mani, invece, erano ferme. Tenute giunte e adagiate sulle cosce sotto al tavolo. Mi sforzavo di tenerle immobili ora, perché sapevo che sarebbe venuto il loro momento, poi.<br /></p><p style="text-align: justify;">Mentre pagavi alla cassa, io attendevo sulla porta il tuo saluto e la conferma che ci saremmo rivisti. Un po’ un mio destino quello di attendere conferme.</p><p style="text-align: justify;">«Allora, sabato?» mi ha detto avvicinandoti per baciarmi la guancia.</p><p style="text-align: justify;">«Perfetto», ho risposto io voltandomi in modo che il bacio, finito poi sulle labbra, sembrasse casuale.</p>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-17750954493786965332011-05-17T01:59:00.005+02:002011-05-17T02:02:58.807+02:00troppe parole<div style="text-align: center;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif8QbYF7k_zd25W6DryN69TaiRU_5YitOySy-IO4zvhOexsG9tW4lcPm2dKir1iREbsriBw1uqV5e2VVKmpu7d1ml8QwZ_7Uc-a8QrLoudCqG0iilwTehxwi5tWDl3t6CH-IXOtlC9Eg/s1600/boxes.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif8QbYF7k_zd25W6DryN69TaiRU_5YitOySy-IO4zvhOexsG9tW4lcPm2dKir1iREbsriBw1uqV5e2VVKmpu7d1ml8QwZ_7Uc-a8QrLoudCqG0iilwTehxwi5tWDl3t6CH-IXOtlC9Eg/s400/boxes.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5607468219470632482" border="0" /></a><span style="font-size:85%;"><span style="font-style: italic;">Speech di Nicola Kane - dettaglio (*)<br /><br /></span></span></div><p style="text-align: justify;">Troppe parole. Parole inutili, spogliate del loro significato, che riempiono vuoti incolmabili. Impilate come scatole di cartone. Parole rigurgitate in frasi sgrammaticate, in una contorsione linguistica adatta solo a biglietti d’auguri per amori improbabili.</p><p style="text-align: justify;">Scritte in fretta per scacciare la noia. O la paura. Un movimento continuo che impedisce di riflettere; di accorgerti che sei solo e che non ti è mai piaciuto esserlo.</p><p style="text-align: justify;">O meglio: che non sei mai stato capace di stare solo.</p><p style="text-align: justify;">Temi l’immagine di te stesso e la proietti sull’altro in modo da vivere di luce riflessa. Non sei costretto a guardarti. Non ne saresti più capace ora, la luce diretta confonde la vista. Gli occhi ti fanno male e tu, di dolore, non ne vuoi sentire più. E lo giuri a te stesso.</p><p style="text-align: justify;">È facile mantenere la promessa, ti viene restituito esattamente ciò che hai dato di te, una selezione prevedibile del meglio e del peggio. Così, per non restare mai deluso, dai e ricevi ciò che ti aspetti, senza alcun investimento emotivo. E nessuno sarà mai costretto a conoscerti per quello che sei: un capriccio del tempo.</p><p style="text-align: justify;">Ti ritrovi in una continua masturbazione intellettuale a svendere le tue emozioni per un grammo di adrenalina. Non è questo a cui tu ambivi, ma la disperazione di una crisi di astinenza è ben peggiore e tu sai benissimo che non te la puoi permettere.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;">(*)<strong> Photos: Typographic interpretation. Martin Luther King’s ‘I Have a Dream’.</strong></p><p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p><p style="text-align: justify;">A hand rendered typographic interpretation of Martin Luther King’s ‘I Have a Dream’ speech. The piece focuses upon King’s use of metaphor, in particular his reference to land, drawing from landscape to create the form for the handwritten words. It also considers physical aspects of the 1963 march such as the steps upon which the speech was made, and the mass of people present as King spoke.</p><p style="text-align: justify;"><a href="http://www.kith-kin.co.uk/presents/index.php/london-08/speech/" rel="nofollow" target="_blank">http://www.kith-kin.co.uk/presents/index.php/london-08/speech/</a></p>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-74205290229750503862011-04-21T01:23:00.002+02:002011-04-21T01:24:50.980+02:00Bastava una sola parola per evitare che il sole si spegnesse<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjF7f-aJd1sBJvONSx-s_BnRHk1REXIZIEHDywmqwf0yA_8A-ty78EP6R0IhwCt52foRBPfn23WmGNi7Q7_VchjCQz40SmSxQUM6dZ-nyRPns2PQ3fFpqMLResWTGPeCMCRlQTNZ-_xXg/s1600/Battle_of_Bosworth_by_Philip_James_de_Loutherbourg.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 400px; height: 302px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjF7f-aJd1sBJvONSx-s_BnRHk1REXIZIEHDywmqwf0yA_8A-ty78EP6R0IhwCt52foRBPfn23WmGNi7Q7_VchjCQz40SmSxQUM6dZ-nyRPns2PQ3fFpqMLResWTGPeCMCRlQTNZ-_xXg/s400/Battle_of_Bosworth_by_Philip_James_de_Loutherbourg.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5597810573427841154" border="0" /></a> <style>@font-face { font-family: "Cambria"; }p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal { margin: 0cm 0cm 10pt; font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman"; }div.Section1 { page: Section1; }</style> <p class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: center; font-style: italic;"><span style="font-size:85%;">Battle of Bosworth by Philip James de Loutherbourg</span></p><p class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: center; font-style: italic;"><span style="font-size:85%;"><br /></span></p> <style>@font-face { font-family: "Cambria"; }p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal { margin: 0cm 0cm 10pt; font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman"; }div.Section1 { page: Section1; }</style> <p class="MsoNormalCxSpFirst" style="text-align: justify;">Bastava una sola parola per evitare che il sole si spegnesse; bastava un gesto, semplice come un sorriso. Forse tanto semplice da diventare irraggiungibile, quel sorriso; tanto semplice da trasformarsi in smorfia di dolore.</p> <p class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">Io ho affrontato la battaglia completamente disarmata, perché non ho mai saputo cosa fosse in realtà la guerra. La mia pelle nuda esposta a un mondo estraneo e un cielo senza sole, i miei unici ricordi. </p> <p class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">Semplice per me, che vivo la lealtà come un credo; ma non per te, forse, che sei il mio opposto. </p> <p class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">Ma io questo non l’ho capito in tempo e non ho saputo fare altro che spingerti verso un lago di non detto. Ti ho annegato, in quel lago, con le stesse mani con cui ti ho accarezzato. Ti ho sommerso di lacrime e di sangue finché non respiravi più. </p> <p class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">E mentre vedevo la tua vita scivolare via, osservavo il cielo grigio riflettersi sull’acqua. Bastava una sola parola per evitare che il sole si spegnesse.</p>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-49501450057844814712011-04-13T15:55:00.002+02:002011-04-13T16:00:57.767+02:00il racconto L’ULTIMA CORSA di Donatella D’Angelo, in libreria!<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyNWfnuUVyBPkIJS8W8mapezZWLm28wCG4K4qDBhyphenhyphen2N9yYuc5F0Uf5cssx9FYjUiK7Dv-3Q_peWjzwTrZN57gP1BnVNzdMxGuPM9uWwACXbYgq1IgZb94SaBi19NT-eHdettOprBac7Q/s1600/Di+corsa+attorno+al+mondo+-+copertina+solo+prima.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 288px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyNWfnuUVyBPkIJS8W8mapezZWLm28wCG4K4qDBhyphenhyphen2N9yYuc5F0Uf5cssx9FYjUiK7Dv-3Q_peWjzwTrZN57gP1BnVNzdMxGuPM9uWwACXbYgq1IgZb94SaBi19NT-eHdettOprBac7Q/s400/Di+corsa+attorno+al+mondo+-+copertina+solo+prima.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5595067439753569426" border="0" /></a><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEickfka4kjhyxL_5Zx7Uc8e11Zf15uoP-ImdbopI-GFjSoyBzRbcB3_aDYYFVIbyQOnXWfra0izJJ8b_SLDieoraVZR4egMsz7f3OMUN7wiTiwTgnvrBk_s5qcNU3NU9vay16gtORM-JQ/s1600/Di+corsa+attorno+al+mondo+-+copertina+completa.jpg"><br /></a><br /><p style="text-align: center;">"<strong>L'ultima corsa</strong>", un mio racconto,</p><p style="text-align: center;">Lo trovate a pag. 61 del libro</p><p style="text-align: center;">"<strong>DI CORSA ATTORNO AL MONDO</strong>"</p><p style="text-align: center;">di <strong>STEFANO MEDICI</strong></p><p style="text-align: center;">(<em>ed. ZonaContemporanea</em>)</p><p style="text-align: center;">in libreria anche a MIlano dal 18 aprile 2011<br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p> </p><p>vi anticipo l'incipit ...</p><p> </p><p><strong>L’ULTIMA CORSA di Donatella D’Angelo</strong></p><p> </p><p style="text-align: justify;">«Ti asciughi le gocce di sudore sulla fronte con la manica della felpa. In realtà vorresti cancellare i pensieri che si affollano nella tua testa, un groviglio di frasi e immagini che ti provocano un dolore insopportabile. Le tempie ti pulsano, a ogni passo un colpo di scalpello scava in profondità. Hai l'impressione che il cervello possa esplodere fuori dalle orbite degli occhi, ma non ti vuoi fermare. Ti piace spingere oltre i tuoi limiti e sentire il fiato corto. È già quasi un’ora che corri e non ce la fai più. Fa freddo e il tuo sudore caldo si congela sulla schiena facendoti venire i brividi. I tuoi seni, costretti nel reggiseno a corsetto, sono doloranti. Vorresti poterli liberare e non sentire più lo sfregamento del tessuto sui capezzoli indolenziti.»</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-362267631636013472011-04-02T02:35:00.002+02:002011-04-02T02:36:24.804+02:00rollio<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEix_yMNQKitiUH3Zcc3_CY3r-Xl9DdjzuqD6bxRPWR9JyaXoe88Yf7XZBwRwCTTi1o0VurbAPfRrExY36bbqS0JyQ57jJYrrIqc6bbklEx1kpc74l75Tgk75Qf9outO5Yo761jNEq3RtQ/s1600/cerbiatto.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 400px; height: 260px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEix_yMNQKitiUH3Zcc3_CY3r-Xl9DdjzuqD6bxRPWR9JyaXoe88Yf7XZBwRwCTTi1o0VurbAPfRrExY36bbqS0JyQ57jJYrrIqc6bbklEx1kpc74l75Tgk75Qf9outO5Yo761jNEq3RtQ/s400/cerbiatto.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5590778555107839538" border="0" /></a><br /><p>È quel rollio che mi riporta indietro nel tempo; è quel dondolare sospinto dall’onda a darmi la nausea mentre chiudo gli occhi e lascio che sia il mio corpo a lasciarsi andare. Mi accascio e resto immobile.</p><p>Non era così che doveva essere. Penso. Mi avevano detto di non aver paura, di andare e uscire allo scoperto. Che era arrivato il momento giusto, ero pronta.</p><p>Invece tremo. Non riesco a muovermi e mi copro il viso con le mani. Le sento pulsare le ferite ancora aperte, il sangue scorrere sotto la pelle.</p><p>Avverto i passi del predatore che fiuta l’odore del mio sangue. Rosso cupo e denso. Si aggira poco lontano. Sa che ci sono e aspetta solo il momento di agire.</p><p>Mi stupisco di essere ancora viva. Vorrei potermene andare adesso, prima che si avvicini troppo, ma non ho la forza di tirarmi in piedi.</p><p>La vedo la strada, una strada alberata che corre dritta innanzi a me, di ghiaia bianca. </p><p>La strada da prendere. Non ci sono sponde a cui appoggiarmi e allora resto lì, aggrappata alle mie ginocchia.</p><p>Provo un dolore così profondo che incatena ogni mio pensiero a terra e io, incapace di prendere il volo, trattengo il respiro per non esistere e allontanare lo sciacallo. Non sono ancora morta.</p><p>Come l’eroe sulla via del ritorno, consapevole delle prove che lo aspettano, ma incapace di armarsi contro i nemici. Solo, in una lotta in cui nessuno lo può aiutare, nemmeno gli Dei, sa che prima o poi dovrà andare in guerra perché quello è il suo destino. Ed è anche il mio.</p><p>Intanto la testa continua a girare, la luce bianca che filtra dalle fessure mi confonde.</p><p>Vorrei che qualcuno mi venisse a prendere e mi portasse via. Magari in braccio. Vorrei concedermi una tregua, curarmi le ferite, vorrei poter guardare avanti senza abbassare lo sguardo. Vorrei essere un gatto che cade sempre in piedi.</p><p>Vorrei. Ma non oso.</p>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-18120125254812023272011-03-28T01:32:00.003+02:002011-04-04T17:17:18.793+02:00La donna comunista che ha mangiato il mio cuore<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihKAggskxu1drGl0zC03aehKZakicplPSVrpY79GxDQOOIPa0pTECWN_QyOLoIpZJxPJpDuXRgryn-EAJhPly-FzWTsfEZNmMbymdJaZKV1JBHsqvv8yWrA5w6Y0r2Zceu089pG155nw/s1600/heart.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 286px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihKAggskxu1drGl0zC03aehKZakicplPSVrpY79GxDQOOIPa0pTECWN_QyOLoIpZJxPJpDuXRgryn-EAJhPly-FzWTsfEZNmMbymdJaZKV1JBHsqvv8yWrA5w6Y0r2Zceu089pG155nw/s400/heart.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5588907084372339938" border="0" /></a><br /> <style>@font-face { font-family: "Cambria"; }p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal { margin: 0cm 0cm 10pt; font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman"; }div.Section1 { page: Section1; }</style> <p class="MsoNormalCxSpFirst">Dolce, fin quasi alla nausea, la sensazione di lei che affonda i denti nel mio petto.</p> <p class="MsoNormalCxSpMiddle">Un morso, uno squarcio. Rosso, il sangue sgorga; lei lo beve dalle mani a coppa e io, senz'armi, mi lascio penetrare dal nemico. </p> <p class="MsoNormalCxSpMiddle">Aperto il varco, si addentra nel mio corpo con le mani giunte come una mistica in preghiera. Calda, accoglie l’uomo che le offro in un abbraccio umido, con generosa voluttà mi percorre da cima a fondo, confondendomi. Danza carnale tra il groviglio delle mie arterie.</p> <p class="MsoNormalCxSpMiddle">Urlo di piacere nel momento in cui lei afferra il mio cuore lacero tra i denti, il desiderio rimanda il dolore originando pena. La forza data in pasto al mio avversario mi allontana dall’amore originale e scappo via senza voltarmi, lasciando indietro la donna comunista avvolta stretta, come un serpente, attorno alla sua spada di Damocle. </p>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-8427123088365654612011-03-07T15:29:00.001+01:002011-03-07T15:31:22.396+01:00Ornamental erotica su Repubblica.it<div style="text-align: center;"><br />gallery di<br /><br />ORNAMENTAL EROTICA<br /><br /><a href="http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/03/07/foto/_ornamental_erotica_il_collage_donna-13292104/1/">su Repubblica.it</a><br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-76933038958236017852011-03-03T21:18:00.005+01:002011-03-03T21:23:14.105+01:00ORNAMENTAL EROTICA in mostra<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_Y3G1Pqepy-z-fVI9-UNgjUJDweNTWReWc9Abyf4Zg1ojiX5sRGMBH2aTo88XsKimHZ22lYXTchjh4UKMc-OaLalsZHsmSws_7YjHAazggsWL2iYte88P_JSEI8HM0p8qZgm3XlpxbQ/s1600/invito+Ornamental+erotica+Mursia.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 400px; height: 189px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_Y3G1Pqepy-z-fVI9-UNgjUJDweNTWReWc9Abyf4Zg1ojiX5sRGMBH2aTo88XsKimHZ22lYXTchjh4UKMc-OaLalsZHsmSws_7YjHAazggsWL2iYte88P_JSEI8HM0p8qZgm3XlpxbQ/s400/invito+Ornamental+erotica+Mursia.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5579950957918437682" border="0" /></a><br /><br /><br /><div style="text-align: center;">Mursia è lieta di invitarla all'inaugurazione di<br /><br /><span style="font-weight: bold; color: rgb(255, 0, 0);font-size:130%;" >ORNAMENTAL EROTICA</span><br />virtual collages di Donatella D'Angelo<br /><br /><span style="font-style: italic;" class="text_exposed_show">Interviene: Andrea Villani</span><br /><br /><span style="font-style: italic;" class="text_exposed_show">(seguirà aperitivo)</span><br /><br /><br /><span class="text_exposed_show">Martedì, 8 marzo - ore 18.30</span><br /><span class="text_exposed_show">la libreria Mursia via Galvani, 24</span><br /></div><span class="text_exposed_show"><br /><br /><br /><br /><br />________________________________<br /><br /><br />DONATELLA D'ANGELO<br />vive e lavora a Milano come artista visiva e graphic designer dal 1984, recentemente ha intrapreso un lavoro di ricerca personale sul tema del nudo e della femminilità esponendo a Milano le sue immagini elaborate usando la tecnica del collage virtuale.<br />Ha illustrato alcuni libri per l'infanzia e manuali per Sfera Editore e Hoepli.<br />È docente di Packaging Design alla Fondazione Accademia di Comunicazione a Milano. Collabora occasionalmente con riviste e blog letterari scrivendo racconti.<br /><a href="http://www.wix.com/donatelladangelo/dadografico"><br /></a><a href="http://www.wix.com/donatelladangelo/dadografico" rel="nofollow" target="_blank"><span>http://www.wix.com/donatel</span><wbr><span class="word_break"></span>ladangelo/dadografico</a><br /><br /><br /><br />ANDREA VILLANI<br />ha scritto per il teatro e pubblicato diversi racconti per antologie, riviste e quotidiani tra i quali Gazzetta di Parma, La Repubblica e Giallo Mondadori. Ha scritto e interpretato reading tra i quali "Noir Tropical Reading". E' responsabile cultura della rivista "Terre Verdiane News" e direttore artistico e conduttore della rassegne letterarie, musicali ed enologiche Diciottoeventi e Noveventi. Ha pubblicato, con Todaro, il romanzo noir "La notte ha sempre ragione" e "La strategia del destino" con Mursia Editore. E' ospite opinionista a Rai2, a Rai Notte, a TV Circuito 5 Stelle e a Rai Radio 2.<br /><a href="http://www.blogger.com/www.andreavillani.it"><br /></a><a href="http://www.andreavillani.it/" rel="nofollow" target="_blank">http://www.andreavillani.it</a><br /><br /><br /><br /></span>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-53848716417866121562011-02-20T14:59:00.003+01:002011-02-20T22:54:35.760+01:00pied'artiste<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6nCmTM8fY6qK0EHkOUcWDZC0EoiIR4Ml5UCwjsUKzOSaCEpjFLfeNVN6mmjTDZ5EG_auUlCeDhvfub4kuqOKEJFMSS6QsZ-vC6z84eNumJy4gSnIbIbDDjxftniDEIsglxKu0HlI-sQ/s1600/Pied%2527artiste.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 268px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6nCmTM8fY6qK0EHkOUcWDZC0EoiIR4Ml5UCwjsUKzOSaCEpjFLfeNVN6mmjTDZ5EG_auUlCeDhvfub4kuqOKEJFMSS6QsZ-vC6z84eNumJy4gSnIbIbDDjxftniDEIsglxKu0HlI-sQ/s400/Pied%2527artiste.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5575772002239226402" border="0" /></a><br /><div style="text-align: center;"><span style="font-size:85%;">Foto di Donatella D'Angelo ©<br />pubblicata su: <a href="http://thefragmina.wordpress.com/2011/02/20/piedartiste/">thefragmina blog</a><br />.<br /></span></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-72982671656597845482011-01-21T12:22:00.005+01:002011-01-21T12:34:52.125+01:00Il mio amore è la luce dei tuoi occhi<div style="text-align: center;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtRAuyatV-E7vEisS_3mKg5_NiF2SraCC9D1yhmlM5smy9aYOGvlKWfYy2lhGpSCO1Yex9q93OaR28Llb4V2k80VDuZfQ3LZTVVL55f-5XYYDOBop9O2tDxI5VldURg4ajQC9C49aa6g/s1600/Via+Vitruvio.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 400px; height: 300px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtRAuyatV-E7vEisS_3mKg5_NiF2SraCC9D1yhmlM5smy9aYOGvlKWfYy2lhGpSCO1Yex9q93OaR28Llb4V2k80VDuZfQ3LZTVVL55f-5XYYDOBop9O2tDxI5VldURg4ajQC9C49aa6g/s400/Via+Vitruvio.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5564599024523791538" border="0" /></a><span style="font-size:85%;">(Photo - via Vitruvio ©Donatella D'Angelo)</span><br /></div><br /><div style="text-align: justify;">Francesco la vedeva tutti i giorni sul tram, la mattina mentre andava a lavorare. Lei saliva la fermata dopo la sua; lo prendeva quasi al volo come fosse costantemente in ritardo. Saliva a testa bassa e senza nemmeno guardarsi intorno si dirigeva verso il fondo. Non si sedeva mai, nemmeno se c’era un posto libero; stava in piedi a guardare fuori dal finestrino. Scendeva solo qualche fermata dopo, a quella dell’Ospedale, di solito dall’uscita sul retro. Erano almeno due mesi che Francesco percorreva la stessa strada e lei c’era sempre, aveva immaginato che potesse lavorare in qualche reparto come infermiera o fosse addirittura una dottoressa, anche se sembrava troppo giovane. Avrebbe potuto essere studentessa in medicina, pensò.<br /></div><div style="text-align: justify;"><br />Lei aveva un non so che di fragile nell’aspetto e Francesco talvolta fantasticava di poterla proteggere da qualche pericolo. I capelli biondi fini, portati il più delle volte pinzati sulla nuca, lasciavano libero il suo collo lungo e sottile. Indossava spesso degli abitini a fiori che le evidenziavano il seno piccolo e la vita stretta; e quando Francesco la immaginava, la pensava proprio vestita con uno di questi abitini estivi leggeri che la facevano sembrare una ragazzina spensierata.<br /><br />Era in qualche modo attratto da lei, ma la sua timidezza lo inibiva nel fare una qualsiasi mossa che non fosse solo osservarla da lontano. Aveva pensato molte volte di avvicinarla, ma temeva di sembrare inopportuno e di fare la figura dell’invadente. Qualche volta ci aveva anche provato, ad avvicinarsi; si era alzato dal suo posto e si era messo in piedi di fianco a lei sperando di essere in qualche modo notato. Fino ad ora non sembrava che la ragazza si fosse mai accorta della sua costante presenza; anzi, a volte era così distratta che, forse, non si accorgeva della presenza di nessuno.<br /><br />Una mattina il caso volle che, appena salita la ragazza, il tram frenò bruscamente per evitare un cane che stava attraversando la strada. Lei, che non aveva ancora raggiunto il suo solito posto sul retro, perse l’equilibrio e finì dritta nelle braccia di Francesco che si era appena alzato.<br /><br />«Oh, mi scusi tanto» disse lei senza guardarlo direttamente negli occhi. «L’ho presa al volo, non è caduta», disse lui con un sorriso. Le stava ancora tenendo strette le braccia. Lei riprese la sua postura eretta ringraziando, «Sì, è stato bravo, ma ora mi può lasciare. Sono in piedi», aggiunse ricambiando il sorriso.<br />«Oh mamma, ha ragione. Mi scusi lei ora», rispose imbarazzato. E mentre Francesco le rispondeva, notò qualcosa di strano nel suo sguardo, come se davanti ai suoi occhi ci fosse un velo.<br />Arrivò la sua solita fermata, ma questa volta la ragazza, prima di scendere, si voltò e sorrise di nuovo a Francesco «Grazie ancora» gli disse con dolcezza.<br />Quel singolo attimo di vicinanza riuscì a infondere a Francesco una serenità infinita così che passò tutta la giornata trasognante.<br /><br />Il giorno seguente lui l’aspettava; salito sul tram come al solito, non vedeva l’ora che salisse anche lei, ora aveva la scusa per salutarla, per parlarle; e si mise al finestrino per poterla vedere il prima possibile. Pioveva e il vetro del finestrino era appannato, così pensò di aprirlo e mettere fuori la testa. Passata la prima fermata, il tram faceva una larga curva prima di raggiungere quella successiva – la fermata dove la ragazza solitamente saliva – e Francesco, impaziente, si sporgeva in punta dei piedi per cercare riconoscerla tra la folla di persone accalcate sotto la pensilina e quelle con gli ombrelli aperti. Salirono tutte, una per una. Ma lei non c’era.<br /><br />La delusione di Francesco fu enorme. Lei non aveva mai perso il tram in due mesi. Lui guardò l’orologio domandandosi se fosse troppo tardi, o magari troppo presto, ma constatò che era esattamente la stessa ora di sempre. Si domandò cosa poteva essere successo e decise di continuare a piedi per smaltire un po’ della tristezza che gli si stava accumulando dentro. Scese dal tram alla fermata seguente e cominciò a camminare verso il suo studio senza curarsi della pioggia che lo stava inzuppando dalla testa ai piedi.<br /><br />Francesco era un pittore. Aveva conseguito la laurea in architettura per fare contenti i suoi genitori; nonostante ciò, finito l’università, non aveva mai cercato un lavoro da architetto, aveva preferito continuare a fare ciò che più amava: dipingere. Era bravo e anche molto apprezzato nell’ambiente; aveva già esposto i propri lavori a molte mostre collettive e anche tenuto con successo delle mostre personali. Aveva cominciato così per caso, facendo un laboratorio di acquarello alle scuole medie, e poi si era appassionato. Ora divideva un open space in centro città con, un suo amico scultore, e stava preparando una nuova serie di quadri per una mostra che si sarebbe tenuta di lì a breve.<br /><br />Arrivò in studio completamente fradicio, il suo amico non c’era ancora e lui entrò lasciando pozzanghere d’acqua in terra ad ogni passo. Si sedette su una sedia e rimase lì seduto immobile a pensare alla ragazza del tram. Gli venne un attacco di malinconia al pensiero di non vederla mai più.<br />Non aveva nemmeno uno straccio per asciugarsi e nessun vestito per cambiarsi. Quando cominciò a sentire i brividi di freddo per l’aria che gli penetrava attraverso i vestiti bagnati, decise di tornare verso casa. Non era in vena di lavorare oggi.<br />Lasciò un messaggio scritto su un pezzo di giornale all’amico dicendo che lo avrebbe trovato a casa e si chiuse la porta alle spalle.<br />Stava smettendo di piovere e quindi pensò di ritornare a casa a piedi; camminare gli avrebbe fatto bene. Arrivato all’altezza dell’ospedale intravide una figura familiare che stava entrando in un bar. Era lei, ne era sicuro. Decise di seguirla e si avviò verso lo stesso bar. Entrando la vide seduta a un tavolino in fondo alla stanza che stava sorseggiando un cappuccino. Era proprio lei.<br /><br />Chiuse gli occhi, tirò un grosso respiro e si disse «Ora o mai più». Cercando di raccogliere tutto coraggio che aveva si avvicinò al tavolo. Lei aveva la testa bassa e non lo vide arrivare.<br />«Sbaglio o ci siamo già visti?», disse Francesco, pensando che una frase più stupida di quella non la poteva dire. Lei alzò lo sguardo e sorrise, lo riconobbe subito: «Sei il ragazzo del tram!», gli rispose.<br />«Posso sedermi?», chiese lui contento che lo avesse riconosciuto subito. «Ma certo, accomodati.», disse lei. Francesco ordinò un bicchiere d’acqua senza toglierle gli occhi di dosso.<br />«Io sono Chiara, piacere. E tu?» aggiunse poi lei. «Francesco», replicò lui.<br />Non poteva credere che stesse succedendo. Era lì, seduto con lei a chiacchierare del più e del meno come se si conoscessero da sempre.<br />Parlarono per quasi due ore, Francesco le raccontò del suo lavoro e dei suoi progetti futuri; poi a un certo punto le chiese se, per caso, lei lavorasse in ospedale. A quella domanda Chiara s’incupì e restò in silenzio.<br />«Chiedo perdono, sono troppo invadente» si scusò lui.<br />«No, no. Non sei tu. È che è difficile spiegare».<br />«Non devi, non ti preoccupare» la rassicurò lui sentendosi in imbarazzo e pensando a come cambiare argomento.<br />«No, ma … forse è meglio che te lo dica subito», considerò Chiara, «sai, nel caso ci incontrassimo di nuovo» disse poi accennando a un lieve sorriso.<br /><br />Francesco capì che la cosa era seria e in attesa che lei esternasse il suo problema si tirò indietro sulla sedia sedendosi con la schiena ben appoggiata allo schienale e prendendo una posizione d’ascolto composta.<br />Dopo ancora qualche secondo di esitazione Chiara disse: «Ho una patologia degenerativa della retina», buttò la frase fuori dalla bocca tutta di un fiato e poi continuò. «Sto progressivamente perdendo la vista».<br />Francesco restò in silenzio, sapeva che qualsiasi parola in quel momento sarebbe stata inutile. Le sorrise dolcemente poi, esitando un poco, allungò la mano verso la sua; anche se non sapeva come Chiara avrebbe potuto reagire a un gesto così intimo fatto da un estraneo.<br />Lei si lasciò prendere la mano e sorrise. Francesco ne fu felice. In quel momento si sentiva l’uomo più fortunato del mondo. Lui e la sua “ragazza del tram”, mano nella mano.<br />«Se ti chiedessi di uscire con me una sera, verresti?», le chiese d’un tratto.<br />«Sì», rispose Chiara.<br /><br />Uscirono spesso insieme nelle settimane seguenti e Francesco venne a sapere che Chiara era una pianista, che aveva girato il mondo per fare concerti e che ora si era dovuta fermare a causa della sua malattia. Aveva perso l’uso dell’occhio destro quasi completamente e in questo periodo si stava sottoponendo a cure per cercare di rallentare il processo degenerativo per l’altro occhio. Le restava l’insegnamento che amava moltissimo e che le dava un senso di utilità.<br />Francesco si rese conto in fretta dei disagi che la perdita della vista le procurava. Faticava a fare le piccole cose, ma cercava sempre in ogni caso di sbrigarsela da sola senza chiedere aiuto. Lui scoprì che era una donna tutt’altro che fragile, al contrario di quello che aveva immaginato prima di conoscerla.<br /><br />Chiara amava l’opera e quell’estate, per festeggiare il loro primo anno insieme, lui acquistò i biglietti per andare a vedere Il Rigoletto all’Arena di Verona. Era una serata bellissima, nel cielo terso brillavano milioni di stelle. Francesco pensò che fosse il momento giusto e all’uscita dello spettacolo prese a braccetto Chiara: «Andiamo a fare una passeggiata, ti mostro il balcone di Romeo e Giulietta».<br />Arrivati nella piccola piazza, sotto il balcone Francesco l’abbracciò: «In realtà ti ho portato qui per dirti una cosa», le sussurrò lui nell’orecchio.<br />Lei sorrise in modo leggermente canzonatorio: «Non vorrai mica chiedermi di sposarti proprio sotto il Balcone di Giulietta?», replicò.<br />Francesco scoppiò a ridere: «Invece sì, e ho persino comprato un anello», rispose mentre infilava la mano in tasca. Tirò fuori un piccolo scatolino rosso e glielo mostrò cercando di restare serio.<br />«Vuoi tu, Chiara Fasano, diventare mia moglie nel bene e nel male, per i secoli dei secoli?»<br />«Ma sei serio?», gli chiese lei un po’ sorpresa.<br />«Certo che sono serio!», affermò Francesco senza smettere di sorridere. Chiara si adombrò e restò in silenzio, dopo qualche secondo gli chiese: «in salute e in malattia?»<br />Lui capì cosa stava pensando, e la strinse a sé. «Certo sciocchina, mi prenderò cura di te!».<br />Chiara era commossa e le stava venendo da piangere, appoggiò il viso sul suo petto per cercare di nascondere le lacrime che le stavano sgorgando per la gioia. Francesco se ne accorse lo stesso, ma fece finta di niente.<br /><br />Chiara, qualche settimana dopo la proposta di matrimonio, lasciò il suo monolocale si trasferì a casa di Francesco, la vista era peggiorata ulteriormente e cominciava a fare veramente molta fatica nello svolgere semplici azioni quotidiane come, ad esempio, prepararsi la colazione alla mattina. Francesco non la voleva lasciare sola. Nonostante lei avesse un sostegno psicologico, la progressiva perdita d’indipendenza, la buttava tremendamente giù. L’idea di diventare un peso per gli altri la faceva stare molto male, la rendeva nervosa. Negli ultimi tempi era diventata intrattabile.<br /><br />Francesco, che l’amava teneramente, portava pazienza. Capiva quanto potesse essere difficile per lei e cercava di aiutarla in modo discreto, senza essere troppo invadente. Aveva la fortuna di essere un artista, di lavorare per conto proprio, e questo gli dava la possibilità di trovare il tempo libero necessario per potersi prendere cura di lei.<br />Chiara continuò ad avere studenti di pianoforte, Francesco le aveva predisposto una stanza per la musica senza ostacoli: solo il pianoforte nel centro, che dava verso le grandi vetrate sul retro. Lui sapeva che, nonostante la sua cecità che avanzava velocemente, Chiara sarebbe stata ancora in grado di percepire le luci e le ombre; per questo ci teneva che la sua stanza fosse la più luminosa della casa.<br />Lui le faceva trovare sempre tutto pronto, l’aiutava a scegliere i vestiti alla mattina, a organizzarsi la giornata e solo quando sapeva che lei era tranquilla andava nel suo studio a lavorare per qualche ora.<br /><br />Una mattina Chiara si svegliò con un umore peggiore del solito, sì alzò dal letto e si avviò a tastoni verso il bagno.<br />Francesco le aveva appena disposto i suoi abiti ai piedi del letto, quando gli parve di sentire dei singhiozzi provenire da dietro la porta. Allora bussò, ma non ottenne risposta, sentì solo tirare su con il naso.<br />«Chiara?», chiese «Stai bene?».<br />«No che non sto bene», rispose lei con un filo di voce.<br />«Posso entrare?», domandò Francesco, ma di fatto aveva già aperto la porta. Lei era seduta sul bordo della vasca da bagno, con la faccia tra le mani. «Stamattina ho aperto gli occhi», cominciò a dire poi si fermò.<br />«Sì?», incalzò lui che non sopportava di vederla soffrire.<br />«Non ho notato alcuna differenza tra il buio e la luce». Chiara sapeva che sarebbe arrivato questo momento, lo sapeva anche lui e la prese tra le braccia. «Amore, ci sono qui io per te».<br />«Ecco, anche di quello ti volevo parlare», aggiunse Chiara, «vorrei smettere di essere un peso per te».<br />«Ma tu non sei un peso», replicò prontamente Francesco, ed era proprio quello che pensava. Non aveva mai sentito il prendersi cura di Chiara come un peso, e ora non capiva esattamente cosa lei gli volesse dire.<br />«Vorrei non dipendere più da qualcuno», spiegò lei, dopo essersi asciugata le lacrime.<br />«Non capisco cosa vuoi fare» le disse Francesco infine, un po’ preoccupato perché non l’aveva mai vista in quello stato, «Vuoi andartene?»<br />«Ma no, Francesco. Non potrei vivere senza di te, lo sai anche tu», chiarì lei. «Non lo so cosa vorrei. Vorrei non sentirmi così, ecco».<br />Francesco la prese per la mano e la portò sul letto dove cominciò ad accarezzarla per rassicurarla: «ti amo da morire», le sussurrò in un orecchio.<br /><br />I giorni passavano velocemente e Francesco osservava la sua amata rassegnarsi alla sua condizione. A un certo punto, come avesse avuto un’illuminazione, si rese conto di ciò che Chiara desiderava e che non sapeva come esprimere. Decise che da quel momento, invece di fare le cose al suo posto, avrebbe provato a insegnarle come farle da sola.<br />Iniziò prendendole le mani e guidandogliele nell’armadio accarezzando i vestiti, in modo che lei potesse imparare a usare il tatto per riconoscere i vestiti. «Questo è quello rosso lungo, senti la seta?», le diceva tenendo anche lui gli occhi chiusi, in modo da provare le sue stesse sensazioni.<br />Lo stesso lo fece con il frigorifero, indicando cosa ci fosse ripiano per ripiano. E tutto il resto della casa. «Ti prometto di essere sempre molto ordinato e di rimettere ogni cosa al suo posto», disse Francesco ridendo. «Già, non fare il solito dispettoso», rise lei tirandolo a sé per la manica.<br />Erano riusciti a trasformarlo in un gioco e il più delle volte finivano la “lezione” facendo l’amore e ridendo come ragazzini.<br />A Chiara finalmente tornò il buon umore e Francesco decise che era arrivato il momento per lei di affrontare il mondo esterno e porgendole il cappotto le sussurrò: «Il mio amore è la luce dei tuoi occhi».<br /><br /><span style="font-size:85%;"><br />Racconto in pubblicazione sul settimanale <span style="font-style: italic;">Vera</span> (n° 4 di gennaio, anno 2011)</span><br /><br /><br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-44180170424952233312010-12-24T14:01:00.004+01:002010-12-24T14:11:42.909+01:00WIRED (work in progress)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhrOVynAmk0XwRcCsx1IRERS3bbrYSumxoRoD8J58_JMPxZPiBFNx-eH43Yzh3I3_FsZ44RASq91rikyVmjS130Tqg8v-lBVvhOJOLA81iDvkKTkUwFZoxxOV2e9_dwbIiviAdxod1Tw/s1600/sit+in.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 266px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhrOVynAmk0XwRcCsx1IRERS3bbrYSumxoRoD8J58_JMPxZPiBFNx-eH43Yzh3I3_FsZ44RASq91rikyVmjS130Tqg8v-lBVvhOJOLA81iDvkKTkUwFZoxxOV2e9_dwbIiviAdxod1Tw/s400/sit+in.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5554233619948049170" border="0" /></a><br /><div style="text-align: center;">Sit in (virtual collage ©2010)<br /></div><br /><br /><div style="text-align: center;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwMxNC16iB8tnzCy3T7gzWi7eKuv4JLmkf820EAuFRtxGQh6EK7XP6IcJr4ayMYx5ZqIN4AlTZGP5m8TfZ8LCIvXnq7L6nQ2KmCChIHFLLoIVjP5asiKLpbqypqVQeAI3fo90DUp5MkA/s1600/Redhair.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 256px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwMxNC16iB8tnzCy3T7gzWi7eKuv4JLmkf820EAuFRtxGQh6EK7XP6IcJr4ayMYx5ZqIN4AlTZGP5m8TfZ8LCIvXnq7L6nQ2KmCChIHFLLoIVjP5asiKLpbqypqVQeAI3fo90DUp5MkA/s400/Redhair.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5554233610224497410" border="0" /></a>Redhair (virtual collage ©2010)<br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-83333115727445652482010-12-06T19:00:00.002+01:002010-12-06T19:16:25.894+01:00senza senso (quindicesima puntata)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnGvXYb79Szv_xQvxOAal-tEwSP9zpEd44T9cwtIdfAN6QLNvdEhIst0niFqzPY7ren0pnZT__h6b9tm7ByA2o7JEARKn5ms6dBOaMyYNY4dhs0puabqjHZpjELB8F9z_Pkor9eNucJA/s1600/3422665107_f80161c7fb.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 355px; height: 278px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnGvXYb79Szv_xQvxOAal-tEwSP9zpEd44T9cwtIdfAN6QLNvdEhIst0niFqzPY7ren0pnZT__h6b9tm7ByA2o7JEARKn5ms6dBOaMyYNY4dhs0puabqjHZpjELB8F9z_Pkor9eNucJA/s400/3422665107_f80161c7fb.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5547634787881031842" border="0" /></a><br /><p style="text-align: justify;">BERTRAND</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;"> </p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Rientri a casa in silenzio pensando che tua moglie è una stronza. Non avresti fatto quello che hai fatto se lei non ti avesse fatto tutte quelle domande. Di questo sei certo. Tu non sei responsabile di quanto è successo, e nemmeno il cognac che ti riempie come una botte. Lei doveva tenere la bocca chiusa.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">La vedi in salotto seduta sul divano mentre passi per il corridoio. Non sosti davanti alla porta, ma sbirci dentro con la coda dell’occhio. Noti che lei non si volta al tuo passaggio, rimane ferma con le gambe accavallate e gli occhi sulle pagine del libro che ha in mano.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Ti irrita semplicemente vederla immobile in quella posizione, sei sicuro che ti abbia sentito entrare. La vivi come una punizione e tiri diritto fino alla camera da letto.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Mentre ti spogli, avverti il peso di quelle domande. “Come mai sei già tornato? Non finiva domani il seminario? Perché non mi hai avvertito?”. Un peso che ti costringe a metterti davanti alle tue mancanze di marito. Al tuo menefreghismo. Al fatto che hai sempre amato altre donne.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Puoi ancora sentire l’eco delle tue parole mentre le rispondevi, affilate come una lametta, trattenute a stento sulla lingua prima che la rabbia esplodesse e le sputassi fuori con una furia inaspettata. Volevi fare male con quelle parole, la tua intenzione era di ferirla per farle pagare l’intero conto della tua frustrazione per la perdita di Nathalie.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">«Lei, questa volta, non torna», è l’unico pensiero che pulsa ora nella tua mente.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Non sei riuscito ad annegare la tua disperazione nell’alcool, allora provi ad annegare il tuo matrimonio. Ti senti inadeguato e non riesci a sopportare che lei te lo faccia notare. Proprio lei che annaspa alla ricerca della perfezione. Che le prova tutte per compiacerti.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;"> </p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Ti addormenti talmente in fretta che confondi la realtà con il sogno, immagini di galleggiare nudo in una bottiglia di Hennessy e il rollio ti fa venire il mal di mare. La nausea ti stringe lo stomaco e sei costretto ad alzarti a trascinare il tuo corpo addormentato fino al bagno, frenando l’acidità che risale per l’esofago.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Non riesci a trattenere i conati e sei costretto a far correre le tue gambe aggrappandoti al muro per non cadere. Tutto gira a una velocità vertiginosa, anche la tazza del cesso dove stai rimettendo l’anima.</p><p style="text-align: justify;"> Il tuo respiro pesante ti riporta al presente. La testa ti scoppia. Coperto di sudore torni a letto sentendoti la persona peggiore che conosci.</p>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-33178953009059468962010-12-06T18:59:00.003+01:002010-12-06T19:13:29.620+01:00senza senso (quattordicesima puntata)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhl95jX6M8apZ0Zd88P-sUV26JTpoYgIvTFria9ifhb1VGiBKOdpIGFH_sG-do7iXvj98HwlgQJhzYtu45U6VQvGYSJLLXs2vTOuj7FcBEXaZUbtcBDQ_8SyYWSagmPhuLOB1wfQzR1MA/s1600/2426811487_0f732a91bf.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 400px; height: 274px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhl95jX6M8apZ0Zd88P-sUV26JTpoYgIvTFria9ifhb1VGiBKOdpIGFH_sG-do7iXvj98HwlgQJhzYtu45U6VQvGYSJLLXs2vTOuj7FcBEXaZUbtcBDQ_8SyYWSagmPhuLOB1wfQzR1MA/s400/2426811487_0f732a91bf.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5547634014879123218" border="0" /></a><br /><p style="text-align: justify;">CHRISTINE</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;"><br /></p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Passeggi nella via adiacente a dove hai affittato la stanza, la stessa che vedevi dalla finestra. Passi sotto l’insegna al neon rossa e blu; sbirci all’interno della vetrina e ti soffermi a osservare una famiglia in fila che attende il proprio kebab. Poi prosegui senza una meta precisa, solo perché desideri fare parte anche tu di quell’immagine di cui prima eri spettatrice dall’alto.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">La gente riempie i tavoli fuori dai locali. L’afa estiva ti toglie le forze, ma continui a camminare senza pensare a dove vuoi andare. Ti ricordi di non aver mangiato nulla da quando sei arrivata e ti ritrovi a curiosare il menù esposto fuori da un ristorante giapponese.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">La fame e la curiosità ti spingono a entrare e timidamente ti accomodi a un tavolino nell’angolo, quello più lontano dalla porta. Sedere con la schiena contro le pareti ti fa sentire più sicura, non sei abituata ad andare in giro da sola. Osservi il gruppo di ventenni seduti a un tavolo proprio nel centro del ristorante, li vedi parlare senza capire cosa si dicono. Ridono, sembra stiano celebrando un compleanno. La ragazza bionda che ti da le spalle sta aprendo dei pacchetti colorati.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;"><br /></p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Tu non hai mai festeggiato il tuo compleanno al ristorante, nemmeno con gli amici ai tempi dell’università. Ti è sempre sembrato un momento da passare in famiglia, in quel modo abitudinario che solitamente avviene soltanto in famiglia, ripetendo di anno in anno le stesse cose, le stesse azioni, gli stessi commenti. Dove ti avvolge la sicurezza degli stessi profumi e degli stessi colori.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Quando eri bambina, tua mamma organizzava, la domenica, una grande merenda per te e tua sorella. Festeggiavate gli anni sempre insieme perché il caso ha voluto che nasceste lo stesso giorno di maggio, due anni esatti una dall’altra. Se il tempo lo permetteva, facevate una passeggiata prima di mangiare la torta; oppure tua mamma preparava panini e limonata e andavate a fare un pic nic nei grandi prati fioriti dietro casa dei nonni.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Ti ricordi chiaramente la nonna e il nonno, la mamma insieme a tua sorella. E le zie con i cugini. Non riesci, però, a far affiorare dalla tua memoria nemmeno un’immagine di tuo padre a un vostro compleanno. Lui arrivava la sera con due mazzi di fiori di campo, uno per te e uno per tua sorella.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Era in Chiesa di solito, la domenica pomeriggio. Fin da quando era ragazzo, cantava nel coro della chiesa e non aveva mai perso una prova se non forse una volta, che una polmonite lo aveva costretto a letto per giorni interi.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Solo adesso, che lui non c’è più, ne senti la mancanza. Prima, che tuo padre non ci fosse ti sembrava una cosa normale, anche per la festa del tuo compleanno. Nessuno aveva mai fatto osservazioni sulla sua assenza. Così era sempre stato.</p>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-22943190815226387052010-12-02T23:08:00.006+01:002010-12-24T14:10:42.688+01:00Sisterhood<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpBYa8dM78XS7MapvQRoTND1Ex8Fo2WwftpjGNSm1pVl1UNKWSNACsSm89W0oTCqK6HzKz95pZCzJu3ZcZUpGP4LAQfWFyRQCEASPLufqXB57qLw_am9rqtN2PJ8uf69z5tP99aI0Qmg/s1600/Valeria.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 295px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpBYa8dM78XS7MapvQRoTND1Ex8Fo2WwftpjGNSm1pVl1UNKWSNACsSm89W0oTCqK6HzKz95pZCzJu3ZcZUpGP4LAQfWFyRQCEASPLufqXB57qLw_am9rqtN2PJ8uf69z5tP99aI0Qmg/s400/Valeria.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5546210757345290482" border="0" /></a><br /><div style="text-align: center;">sisterhood (virtual collage 2010)<br /><br /><br />Per vedere gli altri collage della serie<br /><span style="font-weight: bold;font-size:130%;" >"skin - ornamental erotica"</span><br /><br /><a style="color: rgb(255, 0, 0);" href="http://donatella.webs.com/apps/photos/?ss=10564327">CLICCA QUI</a><br /><br /><br />.<br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6071549967591382303.post-49938839788693667302010-11-10T16:21:00.002+01:002010-11-10T16:25:30.557+01:00surrender<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEik9HpF4ItyBWNsFDc_kxNsy9oLeHIBFsTk3VejOUk8zJ9k8i_RTLiq9K85B2wEseLqya0WEl5e62yGK2uRQodL-F6DOZSTLnVy_VHrzAj_lYD5cnonl5SdmHh0eReWq5NtqZ3r9ItZMQ/s1600/surrender.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 286px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEik9HpF4ItyBWNsFDc_kxNsy9oLeHIBFsTk3VejOUk8zJ9k8i_RTLiq9K85B2wEseLqya0WEl5e62yGK2uRQodL-F6DOZSTLnVy_VHrzAj_lYD5cnonl5SdmHh0eReWq5NtqZ3r9ItZMQ/s400/surrender.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5537942347740829170" border="0" /></a><br /><div style="text-align: center;">Surrender (virtual collage 2010)<br /></div>Donatellahttp://www.blogger.com/profile/03381111741188303250noreply@blogger.com0