mercoledì 1 aprile 2009

Esercizio di calligrafia #1

Persino la luce non osava illuminare il suo viso. E lei lo ascoltava così. Fingendosi distratta.
“Mi sento in colpa”. Disse lui nella penombra, evitando il contatto con i suoi occhi bruni.
“Per cosa?” Chiese lei, sapendo già la risposta.
“Per la tua situazione”.
Lei aveva già intuito di non piacergli, ma voleva sentirselo dire da lui. Con le sue parole. Con la sua voce.
“In colpa”. Sottolineò lei
Dopo un attimo di esitazione lui sorrise come se avesse trovato la parola magica.
“Disagio”. E tornando serio ripeté “Disagio, dovrei forse dire disagio”.
Lo disse guardandola dritto negli occhi, poi continuò “La tua situazione coniugale mi mette a disagio, ecco”.
“Ah sì, capisco”. Sussurrò lei per riempire il silenzio.
L’imbarazzo aveva imbottito tutta la saletta sul retro di quel bar di periferia.
“Non vuoi ferirmi”. Aggiunse lei per offrirgli una facile uscita.
“Sì, non voglio ferirti. E non voglio ferire me.”
Ferire lui e come? Si chiese lei tra sé e sé. Ma preferì restare in silenzio.
“Io non voglio una relazione”. Disse invece dopo una lunga pausa. “Non potrei ora”.
Forse lei non diceva la verità, ma era quello che pensava fosse giusto dire ad un uomo che ama le donne in quel modo. “Non con te, almeno”.
Poi per spiegarsi meglio aggiunse “Se ho pensato di venire con te è appunto perché hai altre donne”.
Lui aveva timore della sua fragilità. L’avrebbe portato a confrontarsi con la propria. Non se la sentiva. Avrebbe anche potuto imparare a conoscerla, ma percepiva in lei un pericolo.

Non avrebbe voluto, ma la baciò ugualmente. Fece scivolare la sua mano nella scollatura. Così, quasi per abitudine.
Per un attimo lei fece finta che lui la volesse sul serio, ma se ne pentì subito. Quando lo guardò negli occhi lei lesse che era lui quello che voleva piacere, in fondo.
Piacere per non dispiacere. Mai.
“Le donne sono un modo come un altro per affrontare la solitudine”. Disse lei prendendogli la mano dal petto. Conosceva la sua tristezza. L’aveva letta nel suo libro.
“Le donne sono un modo come un altro per affrontare la morte”. Corresse lui.
Aveva ragione. Anche l’amore, però.
Ma lui lo sfuggiva. Esattamente come lo desiderava lo allontanava, l’amore.
Lei guardò nel profondo dei suoi occhi blu e sentì che lo avrebbe anche potuto amare. In un altro tempo e in un altro luogo. Ma non lì. Non in quel bar, non in quella piazza, non in quella città.
Lui non era per lei e lei lo sapeva bene. Ma lui non lo diceva. Anzi. L’accarezzava.
“Non vuoi venire da me, allora?” Chiese lei, per essere sicura che il dolore fosse sempre lì, al suo posto. Il rifiuto era quello che bruciava.
“No lo so … no. Non me la sento. Non questo sabato”.
“Ho bisogno di leggerezza”. Era la sua motivazione.

L’arrivo del cameriere le bloccò un brivido a mezza schiena. Lei ne fu contenta.
Non poteva permettersi quel brivido. Ritrasse la mano.
“Poi un giorno ci vediamo e facciamo all’amore” disse all’improvviso lui.
Ma non lo diceva a lei, non più. Voleva sedurre ancora, voleva sedurre se stesso.
Un gioco impari.
Una frase che a lei pesava più di un addio.

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6 commenti:

tiptop ha detto...

molto efficace...

Luciano ha detto...

"... per essere sicura che il dolore fosse sempre lì, al suo posto."

copyman ha detto...

efficace davvero, e lo trovo anche estremamente aderente al reale

Andrea Rényi ha detto...

Atmosfera resa molto bene. Una bella partita, tutta da giocare ancora.

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e