martedì 30 marzo 2010

sesto senso (sesta puntata)



CHRISTINE

Sfogli quella vecchia edizione della Bibbia con l’attenzione che potresti avere per un raro reperto archeologico. Le dita quasi ti tremano nel voltare le pagine, sottilissime più della carta velina. Impalpabili come l’aria, hai la tentazione di volerle strappare via, le frasi sul foglio. Ma non lo fai.

Leggi in piedi, in metropolitana. Hai il polso che duole per il peso dell’antico volume con la copertina in pelle, ma nonostante ciò continui a reggerla con una sola mano, mentre con l’altra ti aggrappi con forza al palo per non cadere.
Concentrata sulla lettura lasci che il tuo corpo involontariamente segua l’andamento ondulatorio del treno noncurante delle persone che entrano ed escono ad ogni fermata.
I tuoi occhi, completamente impregnati dalle singole sillabe che si stagliano nitide contro il bianco della carta, si alzano distrattamente di tanto in tanto a controllare il nome della stazione senza che il tuo cervello sia in grado di memorizzare l’azione. Operano in modo autonomo dal resto del corpo, per non perdere la concentrazione, che tu sai instabile da sempre.

La stai leggendo come fosse un romanzo, la Bibbia. «Dall’inizio alla fine», ti sei ripetuta più volte quando svelta l’hai tirata giù dallo scaffale, «con metodo, dall’inizio alla fine».
Ora che hai buttato giù la Genesi tutta d’un fiato, e hai affrontato Mosè e il suo Esodo ti convinci sempre di più che sarà per te un riscatto. E in ogni parola, che si leva alta tra le centinaia altre parole di quel particolare passo, credi di aver trovato la conferma che cercavi. La dimostrazione che è proprio lì che troverai il senso della tua vita. Lì, tra quelle pagine quasi ammuffite, sottratte alla libreria di tuo padre.
«A lui non servono più», ti sei detta mentre infilavi il volume nello zaino, «i morti non leggono».
Non hai nemmeno pensato di chiedere il permesso a tua madre, l’hai presa e basta, la vecchia Bibbia di tuo padre. Avevi paura che lei ti potesse dire di no, che era un ricordo, che non poteva privarsene.
Te ne sei appropriata tu, del ricordo, prima che lo facesse lei. È un po’ anche tuo, però, ti sei giustificata. Differente da quello della mamma, ma altrettanto vivo nella memoria.

Ora in piedi, in una carrozza della metropolitana di una città che non conosci, di un luogo che non ti appartiene, ti aggrappi a un significato più grande di te per poter andare avanti in una scelta che non sai se sia quella giusta, ma sai che è l’unica per te donna ormai disadorna di fede.
Al funerale di tuo padre l’hai incrociata velocemente, tua sorella, due parole di convenienza e un sorriso controllato. Poi lei è scappata con una scusa lasciandoti di nuovo sola, ma questa volta non lo hai potuto sopportare. Non questa volta.


To be continued ...

(le puntate precedenti qui)

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