venerdì 12 marzo 2010

senza senso (quinta puntata)


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NATHALIE

È la stessa sensazione che provavi quando andavi in altalena da piccola. Le accelerate e le decisioni improvvise nella tua vita ti provocano gli stessi brividi al basso ventre di quando spingevi con le gambe per andare sempre più in alto, quasi a voler toccare i rami del grande ippocastano del campo sportivo dove ti ritrovavi a giocare con le amiche il pomeriggio dopo la scuola.

A casa, in quell’appartamento di provincia straripante solo d’essenziale, non tornavi mai volentieri. Sin da piccola hai sempre trovato scuse per allungare le ore in modo da ritardare quel ritorno il più a lungo possibile. Fino al mese scorso, quando tuo padre è morto, che in aeroporto hai fatto di tutto per perdere la coincidenza con il treno e arrivare al suo funerale a funzione quasi finita, un modo come un altro per evitarti uno sgradito viaggio nel mezzo del cuore. Il tuo cuore.

Hai passato la mano al momento di assolvere i suoi peccati, hai passato la mano e lasciato che la posta in gioco si alzasse, che diventasse così alta da non poter più restare al tavolo da gioco. Restano ora, sul piatto, soltanto una manciata di ricordi.
Ricordi rigidi e freddi come la salma di tuo padre che ti sei rifiutata di vedere, come quel corpo senza vita che non potrà mai più tormentarti. Una memoria di momenti spenti, tracce di un mondo che tu speri sia morto con lui.

Il profumo di lavanda, dei campi intorno al cimitero, è velato da un odore appena percettibile di Gauloise, aspro aroma di casa che ritorna insistente, e tu non sei sicura che sia quello a procurarti il senso di nausea o la vista della bara calata nella nuda terra.
Erano dieci anni che non tornavi in Francia, ma volevi esserci a sotterrare il tuo dolore, per essere sicura che fosse definitivo, che non potesse più tornare.
Ora che tutto è finito vuoi solo andartene. Rifiuti l’ospitalità di tua madre con una scusa banale, una delle tante che hanno riempito i tuoi vuoti quando dormivate sotto le stesso tetto.
«Ma Nathalie, sei appena arrivata», prova insistere tua madre con la poca forza che le rimane.
«Mamma, ti prego», rispondi evitando di guardarla negli occhi e sapendo che lei non chiede mai perché, non aggiungi altro. La baci, attenta a non stropicciare il bouquet di fiori che tiene tra le mani, e te ne vai.

Mentre ti allontani qualcosa ti distrae, percepisci come un pensiero invadente che ti fa sussultare. Ti fermi e voltandoti vedi tua madre immobile che ti guarda andare via. Le sorridi tranquilla e riprendi il cammino noncurante dello spavento. Forte nella tua consapevolezza e fragile nella tua semplicità, quasi dimentichi il perché di quel viaggio. Osservi i tuoi piedi che camminano con un movimento cadenzato come se avessero una vita propria. Ora tu l’unica cosa che sai è che ti devi allontanare.



To be continued ...

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