sabato 31 gennaio 2009

la mia ribellione è vivere

Scrivere è avere uno spazio di libertà.
Lo vado conquistando a mano a mano che le parole
Scivolano attraverso la matita.
Scrivendo posso vivere illimitatamente ciò che mi è limitato.
Posso trasformare in qualcosa di concreto i sogni che mi sono negati.
Le mie righe, i miei versi, sono vissuti, diretti e semplici.
Sono sognatori, magici e vagabondi.
Sono il riflesso della mia realtà e della mia fantasia.
Scrivere è anche una forma di ribellione,
perché non accetto che la libertà
possa essermi strappata in modo totale.
Sono libere le mie idee e i miei sentimenti.
Sono libera nel sentire e nel mio pensare.
E un modo di esercitare questa libertà, è scrivere.
Le mie parole forse non gridano ribellione,
esse non contengono in se stesse, la mia ribellione.
Vivere è sinonimo di amare e lottare.
In qualsiasi luogo, in qualsiasi condizione,
vivrò se sono capace di amare, s sono capace di lottare.
Per questo scrivo, perché la mia ribellione è vivere.

Arinda Ojeda Aravena
Prigioniera politica Cilena

(introduzione al libro di poesie scritto in carcere)

stupiscimi con l’ovvio

Suvvia, stupiscimi con l’ovvio,
che ti regalerò pensieri nuovi.

Senza mai oltrepassar il limite
della decenza e dell’affetto puro.

Parole come perle di un collare
e il silenzio a dare un senso noto.

Spinta alla consapevole deriva
solo dalla parzialità del caso.

Beffata da un essere confuso che
rinuncia a ciò che è per ciò che fa.

Distrazione di un momento solo
esiliata nel segreto del mio cuore.

Non c’è vergogna né speranza
ma gioia di una vita che rinasce.

venerdì 30 gennaio 2009

Elaborazione di un lutto … senza salma.

Non è per l’amore che finisce. Nemmeno per i progetti che non avranno un seguito.
È più per il male che è stato fatto. Involontariamente forse, ma è stato fatto. Lui ad agirlo e lei a non percepirlo come tale, il male era lì, sempre presente.
Nonostante tutto è difficile allontanarsene e anche il male poi, alla fine, diventa un’abitudine; e come tutte le abitudini mette radici nella quotidianità. Il male è infestante come un convolvolo, che ti si avviluppa intorno e ti ammalia con i fiori colorati, poi lentamente ti soffoca. Non basta strappare via l’arbusto, bisogna eliminare le radici. Per sradicare il male bisogna scavare in fondo e questo scavare lascia buchi enormi. Ti rende fragile, instabile.
Eppure fai fatica a lasciarlo il male, perché è inverosimile che chi ama possa far del male proprio all'oggetto del suo amore. Ma il male è proprio lì che nasce e che si nutre, nell’amore. Per sconfiggere il male bisogna cessare d’amare.

giovedì 29 gennaio 2009

mai vergognarsi di lasciarsi andare ai sentimenti ... con dedica!

da “La lentezza” di Milan Kundera.

Un entomologo ceco che, costretto dal regime ad abbandonare la scienza, finalmente dopo venti anni, torna come scienziato ad un convegno. Al momento di parlare si lascia andare raccontando come si sente, e poi sopraffatto dall’emozione si dimentica di leggere il suo intervento. Ringrazia e scende dal palco. Se ne renderà conto solo in seguito …

“… Ha le gote in fiamme. Si sente ridicolo. Può salvare ancora qualcosa? No, sa benissimo che non può salvare proprio più niente.
Per qualche istante prova vergogna, poi una strana idea gli viene in soccorso: è vero che è ridicolo; ma in questo non c’è niente di negativo, niente di vergognoso o di offensivo; anzi, quel suo essere ridicolo rende ancora più profonda la sua malinconia intrinseca nella sua esistenza, e il suo destino ancora più triste, e per tanto ancora più grande e più bello.
No, la fierezza non abbandonerà mai la malinconia dello scienziato ceco…”

lunedì 26 gennaio 2009

Il fiore arancio e l'uomo blu

“No, non posso coglierti” disse l’uomo blu, e ritrasse la mano.
Il fiore arancio chiese candidamente “Perché mai? Sono un fiore!”
“Lo so” disse l’uomo blu “sei un bellissimo fiore”
Il fiore orgoglioso volse la corolla verso il sole e allargò tutti i petali
“Allora coglimi” suggerì con un sorriso malizioso il fiore mostrandosi in tutto il suo splendore. “Potrei illuminare la tua casa con la mia bellezza”.
L’uomo blu sospirò e si sedette accanto al fiore. “Se io ti cogliessi la tua bellezza non durerebbe più di un giorno, lontano dal tuo prato tu moriresti in fretta”
Il fiore, che per sua natura non amava essere rifiutato, s’impuntò “ma io voglio morire sapendo di averti fatto felice, coglimi!”
L’uomo blu, che portava con sé l’esperienza della vita sorrise e restò in silenzio ad osservare il fiore arrabbiato. Si alzò lentamente e s’incamminò per la sua strada aggiungendo soltanto “Per me tutto questo ha un senso”.

Il fiore si raggomitolò tra i suoi petali arancio e pianse tutta la notte. Pianse quando si accesero le stelle. Pianse quando salì la luna. All’alba aveva finito le lacrime.
All’arrivo del sole, com’è nella sua natura, il fiore arancio aprì i petali e si riconobbe nella sua bellezza. Fu allora che capì.

sabato 24 gennaio 2009

Non so dove urlarlo ...

... ma mi serve buttarlo fuori, quindi lo urlo qui:

"NON CE LA FACCIO PIU' ...
STO MALEEEEEEEEEEEEE!!!!!"

giovedì 22 gennaio 2009

Galleggiare

Galleggiare, ondeggiare, fluttuare,
andare alla deriva, lentamente.
Farsi cullare dalla musica,
note che ti penetrano fin nel profondo.
Lasciarsi andare, farsi trasportare,
tenersi a galla, sopravvivere.
Desiderio di una quotidianità diversa,
immensa inquietudine.
Profondo timore che nulla cambi,
che nulla potrà mai cambiare.
Dondolare, oscillare, cullarsi,
tentennare davanti all’assenza.
Voglia di appartenenza, solo un pensiero,
una presenza diversa.
Solitudine testimone del mio giorno,
interminabili ore interiori.
Galleggiare, ondeggiare, fluttuare,
andare alla deriva, lentamente.


martedì 20 gennaio 2009

la bolla

Puff e la bolla scoppia.
Potevo lasciarla fluttuare, ma ho voluto provare a prenderla.
Puff … e poi il vuoto.

venerdì 16 gennaio 2009

La Principessa Triste e il Principe Azzurro


(capitolo precedente da leggere prima: La Principessa Triste)

Una volta addentrata nella Foresta la Principessa Triste camminava a testa bassa, stringendo al petto il suo prezioso scrigno. Da lontano vide una figura a cavallo che si stava avvicinando rapidamente, la Principessa Triste allora si arrestò per farla passare, senza però alzare lo sguardo.
Il rumore degli zoccoli sul selciato cessò all’improvviso e una voce calda e morbida disse: “Gentile viandante, mi saprebbe dire in che direzione è il Regno di Zore?”
La Principessa sollevò appena il mento e disse: “Da lì vengo, ma non è rimasta anima viva”.
La voce aggiunse: “Sono il Principe Azzurro, e sto andando a salvare la Principessa Triste in balia di un terribile Drago”
A quelle parole la Principessa alzò la testa per osservare meglio il suo interlocutore e la luce del sole che filtrava dagli alberi le illuminò tutto il viso. In quel preciso momento gli occhi del Principe incontrarono quelli della Principessa e nel lungo silenzio che seguì il Principe colse tutta la malinconia di quello sguardo.
“Sono io la Principessa” Disse pronunciando le parole in un sussurro come se si vergognasse e poi aggiunse: “Ho lasciato il Principe Consorte a combattere contro la sua maledizione per poter salvare i Gioielli della corona e tornare dalla mia famiglia al di là della Valle”
Il Principe, solo allora, notò lo scrigno tra le braccia e la preziosa fattura delle vesti ormai consunte e si scusò con la Principessa per averla scambiata con una vagabonda, poi disse: “La Foresta è pericolosa per chi non la conosce bene, ti prego dolce Principessa di accettare la mia umile scorta fino alla Valle” e fece per aiutarla a salire sul cavallo. La Principessa Triste fu tentata di accettare l’invito del bellissimo Principe, ma ricordandosi delle parole del Gufo, fece due passi indietro, sorrise e disse: “Caro Principe, sono onorata della tua offerta, ma devo percorrere la strada da sola”. Il Principe Azzurro, che si era innamorato di quel viso triste al primo sguardo, cercò di convincerla a farsi accompagnare, ma la Principessa aggiunse: “Solo così avrò la possibilità di ricostruire un nuovo Regno una volta giunta alla Valle”.
“Permettimi allora, Dolce Principessa, di proteggerti precedendoti” insistette il Principe “farò in modo di facilitarti la strada anticipando i pericoli” e partì al galoppo sul suo cavallo bianco.
La Principessa commossa lo osservò allontanarsi e pensò che se il destino avesse voluto un giorno si sarebbero rincontrati.


(capitolo precedente: La Principessa Triste)



giovedì 15 gennaio 2009

Mi urta ...

Mi urta, mi urta e mi urta ancora!
Vedere la ronda di due militari e un carabiniere appena uscita di casa, mi urta!
Vederli camminare con quella arroganza da divisa, nel mio quartiere colorato. Mi urta!
Vederli fermare due adolescenti arabi, perché sono arabi, Mi urta!
Vederli chiedere una sigaretta alla ragazza scosciata e commentare sotto i baffi. Mi urta!
Vederli scendere dalla camionetta posteggiata in seconda fila, bene mi urta anche quello!
Anzi diciamo che mi urta vederli e basta, non dovrebbe esserci la ronda militare sotto la mia finestra!

martedì 13 gennaio 2009

Ridere

Ridere, ridere sguaiatamente; scoppiare a ridere; ridere di cuore, da matti, a crepapelle, ridere forte, senza ritegno; ridere di gusto; ridere a fior di labbra, leggermente; ridere a denti stretti, ridere sotto i baffi; forzatamente, nascondendo solo in parte la propria contrarietà, ma sempre ridere. Una risata viva mai rubata. Una risata sovversiva, una piccola rivoluzione, la mia.

domenica 11 gennaio 2009

Libertà

La negazione attenua il dolore, ma limita la libertà.
Quindi la libertà passa attraverso il dolore.
L’elaborazione del dolore porta alla consapevolezza, la libertà è anche consapevolezza.
Ma l’elaborazione del dolore passa attraverso la solitudine, quindi la libertà passa anche attraverso la solitudine.
La solitudine è tempo interiore, il tempo che serve per prepararti alla libertà.
Alla libertà ci deve arrivare preparati, la libertà si guadagna un passo dopo l’altro

Capelli al vento ...

... e zaino in spalla, così la mia anima se ne va e io purtroppo resto, accartocciata come un foglio di carta. Con le mie paure che rotolano giù dalle guance e le notti tormentate. Quanto dolore ancora, prima della rinascita?

giovedì 8 gennaio 2009

"Widow Of A Living Man"



Mama why does he treat me so cold
why do I feel so old
how long has he treated me unkind
or have I always been so blind

I'm the widow of a living man

Why can't the times stay the same
now I am begging him to change
what about all the plans we made
now I am so afraid

I'm the widow of a living man

Why does he hurt me so
I'm gonna need someplace to go
he's no longer some kind woman's son
mama I think that I had better run

I'm the widow of a living man

(Ben Harper)

mercoledì 7 gennaio 2009

"L'amante"

[...] L'amore insensato che provo per lui rimane per me un insondabile mistero.
Non so perché lo amassi al punto di voler morire della sua morte.
Ero lontana da lui da dieci anni quando è successo e pensavo a lui solo di rado.
Come se lo amassi per sempre e niente di nuovo potesse succedere a questo amore.
Avevo dimenticato la morte. [...]

"L'amante" Marguerite Duras

Shama Shama

martedì 6 gennaio 2009

Giuditta


Giuditta 13, 1-10


Quando si fece buio, i suoi servi si affrettarono a ritirarsi. Bagoa chiuse dal di fuori la tenda e allontanò le guardie dalla vista del suo signore e ognuno andò al proprio giaciglio; in realtà erano tutti fiaccati, perché il bere era stato eccessivo. Rimase solo Giuditta nella tenda e Oloferne buttato sul divano, ubriaco fradicio. Allora Giuditta ordinò all'ancella di stare fuori della sua tenda e di aspettare che uscisse come aveva fatto ogni giorno; aveva detto infatti che sarebbe uscita per la sua preghiera e anche con Bagoa aveva parlato in questo senso. Si erano allontanati tutti dalla loro presenza e nessuno, piccolo o grande, era rimasto nella parte più interna della tenda; Giuditta, fermatasi presso il divano di lui, disse in cuor suo: Signore, Dio d'ogni potenza, guarda propizio in quest'ora all'opera delle mie mani per l'esaltazione di Gerusalemme. E' venuto il momento di pensare alla tua eredità e di far uscire il mio piano per la rovina dei nemici che sono insorti contro di noi". Avvicinatasi alla colonna del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, ne staccò la scimitarra di lui; poi accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma e disse: "Dammi forza, Signore Dio d'Israele, in questo momento. E con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa. Indi ne fece rotolare il corpo giù dal giaciglio e strappò via le cortine dai sostegni. Poco dopo uscì e consegnò la testa di Oloferne alla sua ancella, la quale la mise nella bisaccia dei viveri e uscirono tutt'e due, secondo il loro uso, per la preghiera; attraversarono il campo, fecero un giro nella valle, poi salirono sul monte verso Betulia e giunsero alle porte della città.

lunedì 5 gennaio 2009

Voce del verbo essere

Sono selvaggia forza,
eterea nella sua essenza,
mai domata nel suo essere.

Sono sole d’inverno,
vitale nel suo tepore,
luminoso custode di sogni.

Sono sospiro di vento,
avvolgente nel suo arrivare,
sapiente slancio di vita.

Sono acqua di fiume,
vanitosa nel suo mostrare,
libera nel suo poter dare.

Sono poetico verso,
imprigionato nell’intimo,
intenso sapore d’amore.

sabato 3 gennaio 2009

Saldi

Dio non esiste, e su questo non si discute nemmeno.
O almeno, lascio che siano gli altri a farlo, mentre io, che di conseguenza non ho un “Regno di Dio” in cui rifugiarmi quando ne ho bisogno, osservo impressionata la donna, in coda alla cassa di fianco alla mia, svenire.
Perché ho due paia di meravigliosi piedi cuccioli da proteggere per l’inverno, altrimenti non avrei avuto motivo alcuno per affrontare la folla in corso Buenos Aires di sabato pomeriggio. Che poi oggi fosse anche il primo giorno dei saldi a Milano proprio mi era sfuggito. Forse nel mio lontano pianeta certe notizie non arrivano.
Ora, due paia di scarpe e due pigiami più tardi dello svenimento, mi sento come un pugile dopo un knock out. Come tutte le volte che il mio animo è particolarmente turbato, il mio ritorno a casa in bicicletta è stato un vortice di pensieri e immagini. E non ridete se vi dico che per un attimo al semaforo mi è apparso perfino Raul Bova nei panni di S. Francesco.
Sarà forse che i miei desideri materiali con gli anni si sono esauriti o che per mio limite non riesco a pensare oltre alle necessità, che per carità comprendono anche parecchi oggetti materiali, ma tutta questa avidità di “possedere” per forza proprio non la comprendo. (Oddio, magari in altri momenti della vita dove il “possedere” ha ben altro significato posso anche essere d’accordo).
Ho ancora parte dei soldi che mi ha dato mia madre per il compleanno dicendomi di comprare quello che desidero; mi sono fermata all’acquisto di alcuni colori ad olio che mi mancavano. Il resto probabilmente finirà in carte dei Pokemon e merendine, ma forse è colpa mia che mi soddisfo con poco, spesso mi bastano i loro sorrisi.

Passione

Anima maltrattata,
dalle troppe avversità,
brevemente rivelata,
l’elusiva verità.

Passione sbocciata
da profonde affinità,
tenerezza immaginata,
illusione in fedeltà.

venerdì 2 gennaio 2009

The Hulk

Ecco che mi ritrovo di nuovo con “The Hulk” in salotto.

Che poi, tutti quei muscoli proprio non li ha, solo il viso verde rabbia.
Che poi se pensi a tutti i personaggi della Marvel, lui è proprio uno di quelli inutili, che potresti anche cestinare.
Che poi una volta che torna color carne, sembra non ricordarsi quello che ha appena fatto da verde.
Che poi ... chissenefrega, mi sono anche rotta le palle!

giovedì 1 gennaio 2009

Il mio 2009



Attesa come speranza,
fantasia come possibilità,
immagine come realtà,
pensiero come espressione,
parole come portamento,
musica come certezza.