domenica 7 giugno 2009

Infanzia assimetrica

Io bambina la rivedo in cucina, la mamma. Barcolla avanti e indietro dall’armadio al lavandino. Scorgo un movimento, come se nascondesse qualcosa. La scruto dal corridoio.
Che fare? Scoprire il suo gioco, metterla davanti al fatto compiuto? A undici anni agisci per quello che hai visto. Disperazione.
Aspetto che vada verso l’armadio e mi avvicino. È così presa da quello che fa che non si accorge di me. Resto a ridosso della porta per qualche secondo. Mi gira le spalle. All’improvviso la sorprendo da dietro.
“Dammela” le urlo.
La voce mi esce stridula, un po’ isterica.
Immobilizzata dalla sorpresa le strappo di mano una lattina di birra già aperta. È stato più facile di quel pensavo.
Una volta che il bottino è nelle mie mani, non so bene che fare. Cerco d’immaginare quello che farebbe mio padre, se fosse lì. Io non ho mai sottratto una lattina dalle mani di mia madre prima d’ora.
Mi avvicino al lavandino, veloce, prima che lei si possa riavere dallo stupore. Svuoto quel poco che resta direttamente nello scarico con quello stesso gesto che ho visto fare centinaia di volte.
Con un pizzico di orgoglio getto la reliquia nella spazzatura.
“Ce l’ho fatta, l’ho salvata” penso mentre mi volto a guardarla. Da cosa non lo so bene.
Lei non ha neppure reagito, è rimasta in piedi accanto all’armadio. Impassibile. Con uno sguardo vitreo, assente. Forse non è in grado di provare stupore.
Ferma ad osservare i suoi occhi vuoti, mi occorre un attimo per notare che ha le braccia nascoste dietro la schiena. Tiene in mano qualcosa.
Non mi sento a mio agio in questi ruoli scambiati, lei la bambina dispettosa e io la madre accudente.
Mi avvicino a lei con un passo deciso. L’odore acre del suo alito m’investe. Sarà un odore che non mi lascerà più per tutta la vita. Lo sentirò, forte anche nei sogni.
Non si regge in piedi e non oppone resistenza. L’altra lattina di birra è già nelle mie mani, quando mi vedo puntare addosso un paio di forbici, ad un centimetro dalla guancia. I miei occhi percorrono le forbici fin su in cima al braccio e al suo viso. Non la riconosco in quel muso gonfio e rosso.
La sua mano sinistra trema mentre mi minaccia. Non è mancina. Impugna le forbici in modo strano.
Non dice nulla, allunga solo l’altra mano, aperta. Verso la lattina. Muove le dita minacciosamente, facendo segno di dargliela.
Non mi ricordo assolutamente cosa ho pensato allora. Nessuna figlia ne vorrebbe memoria. Cancellato.
“No!” Ho esclamato facendo un passo indietro, forte di una forza non mia.
Lei alza la mano. Pensavo mi volesse colpire e, d’istinto, ho girato il viso di lato. Di scatto.
In un rapido movimento del polso ha invece puntato le forbici contro se stessa.. Verso il cuore.
“Se non me la ridai, mi ammazzo!”.
Le parole scivolano fuori umide e appiccicose.
Non rispondo. Sento un colpo nel mio petto, è il mio cuore che batte. Forte. Sembra scoppiare fuori dalla cassa toracica.
Apre le forbici e appoggia la lama sul polso.
“Giuro che lo faccio”
Esito. Stringo la lattina tra le dita senza riuscire ad emettere alcun suono.
Nel momento in cui vedo il movimento secco della sua mano sul polso, un terrore smisurato si appropria del mio stomaco. Mi sento debole, di colpo. Dovrei correre in bagno. Ma non riesco a muovermi. La paura è così tanta che mi si annebbia la vista.
Qualcosa poi mi spinge a balzare in avanti e spingerla violentemente contro l’armadio.
“Smettila, smettila, smettila” Ripeto strillando. “Smettila”. Mi accorgo di avere chiuso gli occhi nel momento dell’impatto tra i miei pugni chiusi e il suo ventre.
Lei cade per terra con un rumore sordo, accompagnato dal rintocco metallico delle forbici che colpiscono il pavimento.
Quando apro gli occhi vedo sangue che gocciola sulle piastrelle chiare. Macchie rosse che si stemperano in una pozza di birra. Guardo lei, guardo me.
È la mia mano che sanguina stretta alla lattina stritolata.
Le lame delle forbici, vecchie, non molto affilate, sul suo polso hanno lasciato poco più che un graffio. Lei non sanguina.
Mia mamma è terra, e lì resta. In quella posa sgraziata di chi si è arresa per sempre.
Io mi allontano per riprendere in mano la mia infanzia.

1 commento:

elio ha detto...

Mozzafiato!!