mercoledì 8 giugno 2011

Del sole spento e della morte (2 puntata)




Aprivo gli occhi che era ancora buio con la sensazione che mi fossi appena addormentata. Non avevo la forza di guardare che ore fossero e mi tiravo il lenzuolo fin sopra al mento. Superato quell’attimo di smarrimento dove stentavo a riconoscere persino me stessa, cercavo di tornare alla calma rimbombante del sabato mattina. Non avevo motivo di alzarmi, mi giravo lentamente verso il muro a cercare una zona del letto più fresca, sperando di riaddormentarmi in fretta.

Con gli occhi chiusi aspettavo che il sonno tornasse a conquistare le mie membra, ma dopo qualche tempo l’attesa cominciava a essere troppo lunga. Sentivo un’inquietudine molle affiorare tra le lenzuola. Mi giravo di lato, cambiavo posizione alle gambe e poi alle braccia, ma i pensieri avevano ormai iniziato a lavorare. E quel lavorio mi teneva sveglia, quasi la mia attenzione fosse rapita dal rumore degli ingranaggi nel cervello che lentamente vanno a regime.

Volevo riempire la mente con il vuoto del silenzio per quietare l’ansia del risveglio precoce, ma lì, tra il sonno e la veglia, la tua immagine si manifestava invadente. Il tuo sorriso, incastonato nei miei pensieri, da giorni ormai non mi lasciava dormire. Riguardavo gli stessi fotogrammi all’infinito, studiavo i tuoi movimenti attraverso la costante ripetizione del nostro incontro.

Ma non era mai lo stesso, l’incontro. Aggiungevo un gesto che avrei voluto avessi compiuto, oppure toglievo uno sguardo che mi aveva messo in imbarazzo, lavorando l’evento come fossi alla moviola a montare una mia verità. Lo vivevo come un vero e proprio film, con una sceneggiatura originale scritta da me, dove noi protagonisti non seguivamo altro che la legge dei miei desideri.

Quello che non cambiavo, mai, nelle diverse scene, era il tuo sorriso. Quello non mi concedevo di alterarlo. Era qualcosa di inviolabile, che andava al di là del mio lavoro di regista. Un’opera d’arte, appena macchiata dall’ombra curva del tuo naso. Labbra tonde che piegavano alle estremità in due solchi che ricordavano le fossette sulle guance dei bambini. Un’attrazione tutta infantile a esaltare il tuo viso maturo, uno specchio in cui riflettersi.

Era l’emozione che provavo davanti all’assoluto di quel sorriso, il motivo della mia insonnia. Addormentarmi voleva dire congedarmi da quella ricchezza e io non ne ero capace. Lasciarlo andare era troppo difficile, temevo che quella sensazione non tornasse più, mi abbandonasse per sempre. Avevo paura di dimenticarmene e cercavo di tenere vivo il ricordo restando sveglia. Nel preciso momento in cui sentivo che il sonno stava per averla vinta mi aggrappavo a quell’immagine sperando di riuscire a trascinarla con me nel sogno insieme ai battiti accelerati del mio cuore pronto a esplodere.

Sabato era il giorno in cui ti avrei rivisto, o meglio, era il giorno in cui tu avresti visto quello che io volevo mostrare di me. Il pensiero dell’incontro mi procurava una scossa elettrica che correva per tutta la spina dorsale. Con gli occhi ormai spalancati rimanevo supina nel letto in attesa di cogliere il primo raggio di luce penetrare dalle persiane come esortazione a lasciare il letto. La luce, però, sembrava avesse deciso di non presentarsi all’appuntamento quella mattina. Avrei dovuto leggerci un segno; un avvertimento che l’intreccio della trama si sarebbe rivelato in seguito insolitamente oscuro.


1° puntata

5 commenti:

Anonimo ha detto...

sembra un ricordo, ma è tutto così maledettamente vero!

Anonimo ha detto...

... e la seconda puntata?

Donatella ha detto...

questa è la seconda.
C'è la prima qualche post indietro.
Un giorno scriverò la terza ...

:)

Anonimo ha detto...

torni a settembre?

Donatella ha detto...

io ci sono sempre anche se posto poco.