giovedì 24 aprile 2008

essere o non essere

L’uomo con cui tu hai condiviso 20 anni di vita è lì in piedi di fronte a te. State ancora litigando, uno di quei litigi stupidi e inutili che avresti potuto benissimo evitare, ma che ormai tu vivi come se ti stessi lavando i denti, riempiendoti la bocca di schiuma per poi sputare. Sai che la cosa migliore è mantenere la calma, ma non sei sicura di averne ancora la voglia. Ad un certo punto senti la solita agitazione che comincia a montare, e tu non riesci a trattenerla, riempie la pancia ed infine esce dalla bocca: “insomma, potresti evitare di giudicare ogni cosa che faccio”.

Silenzio.

L’uomo si volta, ti guarda, come se ti avesse visto per la prima volta, e ti risponde:

“E tu (pausa) … tu (pausa) … tu evita di esistere!”

In quel preciso istante, di colpo, non senti più nulla, l’uomo grida ancora qualcosa, vedi le labbra muoversi e le braccia agitarsi. Escluso l’audio odi solo un lieve ronzio, come in un film muto. Tutto intorno gira a rallentatore.

Ed è allora che capisci che non c’è più ritorno. Lì in quel luogo e in quel tempo si è spezzato qualcosa.

“E tu … tu … tu evita di esistere!” Ti ripeti nella testa pesando parole e pause. Sì, le pause, in tutta la loro composta importanza. Prendere fiato prima dell’enunciazione; dietro a quel respiro può esserci un solo pensiero, una pausa è incertezza, due pause decisione.

Poi ti soffermi sulla parola “Esistere”. È lì che sta la profondità della sua psicologia, nella parola “esistere”: vivere, essere in vita, essere in realtà, esserci. Il desiderio inconscio di cancellarti, la volontà di rinnegare la tua presenza. Non esserci, la totale negazione, il nulla, la tua esistenza contro la sua.

Alla fine è solo una questione di sopravvivenza. E purtroppo io esisto!

Nessun commento: